La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Proseguendo l'ascolto di Matteo, in questa domenica entriamo in una sezione del suo vangelo (capp. 14-17), nella quale emerge, in più punti, un particolare interesse per la realtà della Chiesa, come comunità raccolta intorno a Gesù, coinvolta in un cammino di fede e di sequela del suo Signore: non a caso, dopo questa sezione più narrativa, l'evangelista colloca il discorso ecclesiale, raccolto nel capitolo 18.

Con questa domenica si conclude la lettura del capitolo 13° del vangelo di Matteo, con le ultime tre parabole del Regno, che appaiono nettamente distinte: le prime due, quella del tesoro e della perla preziosa, mettono in luce la gratuità, la sorpresa e la gioia, che segnano la vita dell'uomo, divenuto discepolo del Vangelo, mentre l'ultima parabola ha a tema il giudizio finale, e la compresenza di bene e di male, che accompagna il tempo presente.

Le parabole del Regno, che Matteo raccoglie in unico discorso e che stiamo ascoltando in queste domeniche, sono rivelazione del volto vero e originale di Dio, quel Dio che si fa visibile proprio nella persona e nella vita di Gesù: non si tratta di bei racconti edificanti e moraleggianti, ma di parole che dischiudono a noi l'agire paradossale di Dio e vogliono provocare una nostra decisione di fede.

Con questa domenica iniziamo a percorrere il capitolo 13° del vangelo di Matteo, che raccoglie in unico discorso sette parabole del Regno: il lungo passo iniziale propone a noi la parabola del seminatore, con una successiva catechesi di Gesù sul senso delle parabole e la spiegazione ai discepoli della prima di esse, incentrata sulla semina della parola.

Il breve passo di Matteo, proposto alla nostra attenzione, racchiude una preghiera di lode e di giubilo del Signore, e un invito rivolto agli uomini 'stanchi e oppressi', perché possano trovare in lui riposo.

Per tre volte, nel passo tratto dal discorso missionario di Matteo (Mt 10,5-42), ritorna l'invito di Gesù ai suoi discepoli: 'Non abbiate paura', paura degli uomini, che potranno perseguitare i credenti in Cristo, paura dei persecutori, che giungeranno a comminare la morte; in realtà, nell'esperienza dei credenti, i motivi di paura possono essere anche altri, e in generale, la paura sorge da un pericolo, da qualcosa che è percepito come ostile alla vita, e in questo senso più ampio, la paura può nascere di fronte alla sofferenza, alla prova che ci schiaccia, alla prospettiva inesorabil

Lo sguardo di Gesù, nel passo proposto al nostro ascolto, si posa sulle folle che lo seguono, ed è uno sguardo che legge una condizione di fatica e di smarrimento, 'stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore': un popolo disperso, quasi schiacciato dalla fatica, un'immagine efficace di tante folle anche del nostro tempo, di tanta umanità dispersa, che sembra inseguire, invano, una pienezza, un riposo vero, che sperimenta la vita come peso, che non ha più maestri ai quali poter guardare.

Ascoltando il passo evangelico proposto alla nostra attenzione, la chiamata di Gesù rivolta a Matteo, viene alla mente la stupenda rappresentazione pittorica dell'evento, realizzata da Caravaggio e custodita nella chiesa di S. Luigi dei Francesi in Roma: nella stanza buia, entra la luce dalla parte in cui appare Gesù che rivolge il suo sguardo a Matteo, seduto al banco delle imposte, chino a contare i denari.

Riprendiamo, con questa domenica, la lettura continua del vangelo di Matteo, che ci accompagna in quest'anno liturgico, e ascoltiamo la parte conclusiva del primo grande discorso di Gesù, il discorso del monte, dove è proclamata la novità del Regno, ormai presente nella persona e nell'opera di Cristo.