La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Il breve passo di Marco, offerto al nostro ascolto, presenta due scene differenti, entrambe ambientate nel tempio di Gerusalemme: Gesù è entrato nella città santa e si avvicinano i giorni della fine. Cresce il confronto con gli scribi, i sacerdoti e le autorità religiose del popolo d'Israele, in una serie di dispute, tanto che la prima parte del vangelo di questa domenica è, appunto, una messa in guardia, nei confronti degli scribi, gli esperti della Legge, che assumevano un ruolo di guida, per lo meno morale e religiosa.

Nella suggestiva solennità di Tutti i Santi, la liturgia ci propone la celebre pagina di Matteo, che racchiude l'inizio del discorso del monte, con la proclamazione delle beatitudini; ovviamente, siamo invitati a cogliere il rapporto profondo che sussiste tra il mistero della santità, destino ultimo dell'uomo, nel disegno di grazia del Padre, e le beatitudini che annunciano la novità del Regno, presente nella persona viva di Cristo.

Il racconto della guarigione del cieco di Gerico, Bartimèo, svolge un ruolo particolare nella narrazione di Marco, in quanto si colloca dopo una scena nella quale si è manifestata, ancora una volta la cecità dei discepoli. Mentre si avvicinano i giorni ultimi a Gerusalemme, mentre Gesù annuncia, in modo serrato, il mistero della sua passione, morte e risurrezione, che si compirà nella Città Santa, i discepoli mostrano una lontananza di cuore, un'incapacità ad entrare nella logica nuova del Regno.

N ello svolgimento narrativo del vangelo di Marco, dopo ogni annuncio della passione e della risurrezione da parte di Gesù, segue sempre una scena dove traspare l'incomprensione dei discepoli: nel nostro passo, è il caso di Giacomo e Giovanni che avanzano la richiesta di sedere nella gloria del Regno, alla destra e alla sinistra del Messia Signore. È difficile determinare con esattezza il senso di una tale richiesta, anche se evidentemente i due discepoli pensano ad una posizione di privilegio, di vicinanza, di partecipazione al dominio di Gesù re d'Israele.

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: 'Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre'». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».

La questione posta da alcuni farisei a Gesù tocca un aspetto decisivo della vita umana, cioè la relazione uomo-donna nel matrimonio, un aspetto delicato e fragile, nel quale si riflette, più o meno intenzionalmente, la posizione globale che il soggetto umano vive di fronte all'esistenza. L'interrogativo dei farisei si muove in un'ottica legalistica e riguarda la liceità del ripudio, da parte del marito; in questa prospettiva l'interpretazione che essi propongono della Scrittura è fortemente riduttiva, in quanto la menzione circoscritta (cfr.

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

Con la confessione di fede dell'apostolo Pietro, che ha riconosciuto in Gesù il Cristo, è iniziata una nuova tappa del ministero di Gesù, nella quale l'attenzione del maestro si rivolge, in modo singolare, al gruppo dei Dodici, e si sviluppa una sorta di catechesi sul cammino che Gesù stesso vuole percorrere, fedele al Padre, e che avrà il suo culmine nella Pasqua.

I l brano offerto al nostro ascolto rappresenta, nel vangelo secondo Marco, un passaggio decisivo, una sorta di ponte tra la prima e la seconda parte del ministero di Gesù: mentre nella sezione iniziale del racconto, il cuore è l'annuncio del Regno, da parte di Gesù, che si rivela progressivamente nella sua identità messianica, da qui in avanti l'attenzione dell'evangelista si concentra sul destino del Messia Gesù, che si realizzerà nella Pasqua di morte e di risurrezione, e sulla catechesi che il maestro rivolge, in modo particolare, ai suoi discepoli, proprio per introdurli nella

Il racconto di Marco ci conduce a seguire Gesù, che attraversa la regione della Decàpoli, un distretto di città ellenistiche, collocato in una zona ad est d'Israele, nell'attuale Giordania. Siamo dunque in terra pagana, e vi è come un anticipo della missione dei discepoli, che dopo la Pasqua, oltrepasseranno i confini della Palestina: anche nella conclusione del racconto, le espressioni di stupore delle folle, 'Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti', tendono ad amplificare l'evento in un orizzonte universale.