La parola
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1a domenica d’ Avvento - anno B, Marco 13, 33-37

Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà

In questo nuovo anno liturgico, l'evangelista che ci accompagnerà è Marco, colui che può essere considerato il creatore di questa forma narrativa, così singolare, qual è il vangelo, che unisce in sé memoria storica ed annuncio di fede: alle soglie dell'Avvento ascoltiamo un breve passo, tratto dal discorso escatologico, raccolto nel cap.13 del testo di Marco. Per tre volte, in pochi versetti, ritorna l'imperativo di Cristo, rivolto ai suoi discepoli, 'Vegliate!', e questa veglia assume i caratteri di un'attesa vigilante e di un'attenzione ben desta.

Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà

In questo nuovo anno liturgico, l'evangelista che ci accompagnerà è Marco, colui che può essere considerato il creatore di questa forma narrativa, così singolare, qual è il vangelo, che unisce in sé memoria storica ed annuncio di fede: alle soglie dell'Avvento ascoltiamo un breve passo, tratto dal discorso escatologico, raccolto nel cap.13 del testo di Marco. Per tre volte, in pochi versetti, ritorna l'imperativo di Cristo, rivolto ai suoi discepoli, 'Vegliate!', e questa veglia assume i caratteri di un'attesa vigilante e di un'attenzione ben desta. Ora, in questi tratti è racchiuso l'atteggiamento di fondo che la comunità cristiana è chiamata a riscoprire e a rivivere, nel tempo intenso e breve dell'Avvento: sullo sfondo c'è appunto il mistero di una molteplice venuta (ad-ventus dal verbo ad-venio), che segna la vita dell'uomo, la memoria della prima venuta nella carne del Signore Gesù, l'annuncio della sua ultima venuta alla fine della storia, e nel tempo presente, la sua continua venuta, nelle vie imprevedibili della sua libertà e della sua iniziativa. Occorre ben comprendere che cosa comporti una vera attesa, perché, già nell'esperienza umana, c'è una grande differenza tra l'aspettare e l'attendere: l'aspettare è una condizione passiva, a volte subita o vissuta con nervosismo, quando aspettiamo il nostro turno, mentre siamo in fila in un ufficio, o aspettiamo qualcuno in ritardo; in queste situazioni il tempo che scorre sembra vuoto, sembra tempo perduto e sciupato, Ben diversa è l'attesa, che coinvolge il cuore dell'uomo, in un fremito che fa quasi anticipare ciò che si attende: l'attesa di una persona amata, di un volto caro, l'attesa di un incontro o di un gesto importante, l'attesa di una festa sentita e desiderata. In tutti questi casi si attende ciò che si stima, ciò a cui si è già, in qualche modo, legati, ciò che non è percepito come estraneo e lontano da noi. Questo vale anche nella vita di fede, perché noi possiamo attendere il Signore, che viene e che verrà, in modo chiaro e luminoso nell'istante ultimo dell'esistenza di ciascuno e della storia di tutti, se iniziano nel presente un rapporto ed una familiarità con Colui che attendiamo, se, appunto, Cristo è una presenza cara, riconosciuta, scoperta, e non un puro nome, o qualcuno che non ha nessun legame con la vita di adesso. L'annuncio dell'attesa e il richiamo alla vigilanza hanno un senso e possono davvero segnare il clima e la tensione del tempo presente, se l'uomo ha la grazia di sorprendere Cristo, come avvenimento affascinante e reale nell'oggi. Ma accanto al profilo dell'attesa, c'è quello della veglia, dell'essere desti perché il padrone può tornare nel cuore della notte: vegliare significa avere il cuore ed i sensi svegli, non permettere di essere storditi ed assonnati, accettare la realtà, così come si presenta, vivendo una responsabilità, abbracciando con intensità le circostanze date, perché è in esse che il Signore viene e interpella la libertà del discepolo. Questo spirito vigilante è provocato e sostenuto dalla familiarità con Cristo che, per grazia, nasce e si nutre nella fede, e tuttavia è anche il frutto di un'educazione, di un paziente lavoro, di un'ascesi, fatta di preghiera, di purificazione, perché i nostri sensi siano limpidi e pronti, perché la nostra mente non sia appesantita e soffocata dalle fatiche e dagli affanni del presente. Senza veglia, vince il sonno, senza questa tensione, continuamente ripresa e alimentata, domina la dimenticanza di Colui che è, che era e che viene. Così siamo condotti alla terza nota dominante dell'Avvento: 'Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento'. L'attesa, che si esprime nella veglia, genera un movimento del cuore, l'essere attenti, cioè la tensione di tutta la persona verso la Presenza del Signore, 'protesi al ritorno di Cristo', canta un inno liturgico d'Avvento: un essere tesi, che non diventa proiezione utopica in un futuro migliore, ma amore a ciò che ora è donato, tesi e attenti a riconoscere i segni e le tracce di Cristo. Come l'attesa e la veglia, l'attenzione richiesta nasce dall'amore ad una Presenza, reale, seppur discreta, e nel suo fondo è preghiera, domanda, desiderio di poter contemplare il volto del Signore.

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