La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Anche se la lettura liturgica, nella nuova versione della Bibbia CEI, in modo un po' sorprendente, tralascia l'ultimo versetto che Marco riferisce alla visita delle donne al sepolcro (16,8: 'Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite'), occorre tenere conto di questo finale, brusco e sconcertante, per percepire la forza dell'annuncio della risurrezione di Cristo, secondo l'evangelista Marco.

Il racconto della passione nel vangelo di Marco, nella sua essenzialità e vivacità narrativa, ci permette di rivivere le ore drammatiche e decisive del cammino di Cristo: ci limitiamo a mettere in luce alcune elementi che attraversano queste pagine così intense.

Il vangelo di Giovanni di questa domenica ha un andamento singolare, perché, a partire dalla domanda di alcuni pellegrini greci, 'Vogliamo vedere Gesù', sviluppa l'annuncio del mistero ormai prossimo dell'ultima Pasqua del Signore a Gerusalemme. Apparentemente c'è uno stacco tra la richiesta di cui si fanno portavoce Andrea e Filippo e le parole di risposta di Cristo: in realtà c'è una logica profonda e paradossale, perché al desiderio di vedere Gesù, egli risponde indicando l'avvicinarsi dell'ora della sua gloria, cioè della sua manifestazione agli uomini.

Il vangelo che ascoltiamo nella quarta domenica di Quaresima, domenica già illuminata dalla gioia pasquale, è unavera sintesi dell'annuncio della fede, che l'evangelista Giovanni colloca all'interno del dialogo tra Gesù e Nicodemo, e anche se non ricorre il vocabolario della gioia, c'è indirettamente una nota di letizia e di speranza, perché viene svelato il disegno buono e grande del Padre, a favore dell'uomo.

In quest'anno liturgico, nel tempo di Quaresima, per tre domeniche ci mettiamo in ascolto del quarto vangelo, che, com'è noto, racchiude una catechesi matura, incentrata sul mistero della persona di Cristo. Il passo offerto alla nostra riflessione è la famosa scena della cacciata dei venditori dal cortile del tempio di Gerusalemme, presente in tutti i vangeli, ma collocata da Giovanni all'inizio del ministero pubblico di Gesù, nella sua prima Pasqua vissuta nella Città Santa.

In tutti i tre vangeli sinottici, dopo la confessione di fede, da parte di Pietro, e il primo annuncio delle sofferenze, della morte e della risurrezione, da parte di Gesù, incontriamo il racconto della trasfigurazione del Signore, su un alto monte: dunque, nel momento in cui si intravede il destino finale del Maestro, e davanti all'incomprensione profonda dei discepoli, si colloca questo mistero di luce e di gloria.

Secondo un'antica tradizione, nella prima domenica di Quaresima, il Vangelo ci propone un mistero singolare della vita di Cristo, le sue tentazioni nel deserto. In realtà, il racconto che ci consegna Marco, nella stessa collocazione di Matteo e di Luca, non descrive la prova del Tentatore, ma ci offre un'immagine significativa di Gesù, alla quale la Chiesa vuole guardare, all'inizio del tempo quaresimale.

Con il racconto della guarigione del paralitico, si apre nel vangelo di Marco una serie di cinque controversie (Mc 2,1 - 3,6), tra Gesù e gruppi di farisei e scribi, nelle quali si rivelano l'inaudita autorevolezza di Cristo, e lo scandalo che suscitano i suoi gesti e le sue parole. Mentre scribi e farisei mostrano una crescente ostilità nei confronti di Gesù, la reazione della folla dei semplici è uno stupore di fronte all'eccezionalità di una presenza: 'Non abbiamo mai visto nulla di simile!'.

Per percepire tutta la forza del breve racconto della guarigione del lebbroso, occorre richiamare la tragica situazione che un tale uomo viveva in seno al popolo d'Israele, non solo per la sofferenza fisica di una malattia della pelle, che conduceva a sfigurare il corpo del malato, ma anche per la sofferenza esistenziale e morale di una vita emarginata, in radicale segregazione dalla società umana.

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta.