La parola

stampa

Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Ogni anno, la ripresa del tempo ordinario, dopo i cinquanta giorni della Pasqua, è segnato dalla celebrazione di due grandi realtà della nostra fede: il mistero della Santissima Trinità, che ci fa entrare nel cuore della vita intima di Dio, e il mistero dell'Eucaristia, dono fedele e inesauribile della carità di Cristo.

Il mistero dell'effusione dello Spirito promesso, sulla Chiesa nascente, è il cuore della solennità di Pentecoste, che chiude il grande tempo pasquale: nella originale prospettiva del vangelo di Giovanni, questo evento, collocato nel racconto degli Atti cinquanta giorni dopo la Pasqua, è anticipato nel primo incontro del Risorto con i suoi discepoli.

Il mistero dell'effusione dello Spirito promesso, sulla Chiesa nascente, è il cuore della solennità di Pentecoste, che chiude il grande tempo pasquale: nella originale prospettiva del vangelo di Giovanni, questo evento, collocato nel racconto degli Atti cinquanta giorni dopo la Pasqua, è anticipato nel primo incontro del Risorto con i suoi discepoli.

Con il mistero dell'Ascensione, entriamo nel paradosso di una condizione nuova del Signore glorificato nella Pasqua, paradosso perché contemporaneamente i discepoli vivono l'evento di un'assenza e di una presenza originale e fedele del Risorto.

Il tempo pasquale, segnato dalla memoria gioiosa della risurrezione del Signore, è caratterizzato, nelle ultime settimane, dall'annuncio del grande dono dello Spirito, che nella solennità di Pentecoste sarà celebrato come origine e anima della Chiesa nascente. In quest'orizzonte, ascoltiamo dal vangelo di Giovanni un passo tratto dal lungo discorso d'addio di Gesù, nel contesto dell'ultima cena: si tratta della prima promessa dello Spirito, legata al mistero della Pasqua imminente.

Nel tempo pasquale ascoltiamo alcuni passaggi dei grandi 'discorsi d'addio' che l'evangelista Giovanni ha raccolto e redatto nella cornice della cena testamentaria di Gesù con i suoi discepoli (Gv 13-17): sono capitoli d'inesauribile ricchezza, nei quali si avverte la forza di una parola, meditata, riletta, quasi ruminata per lungo tempo, nella memoria dell'evangelista e della sua comunità.

Al centro della liturgia di questa domenica, sta la figura di Cristo, pastore buono e fedele, che apre ai suoi discepoli il cammino alla vera vita: nel vangelo ascoltiamo la prima parte di quella composita allegoria/similitudine, svolta da Giovanni su Gesù pastore e porta delle pecore (10,1-10), che trova il suo culmine nell'auto-presentazione di Cristo quale 'pastore buono (in greco kalòs 'bello') che offre la sua vita per le pecore' (cfr. 10,11-18).

Il racconto dei discepoli di Emmaus è una delle pagine più intense e suggestive del vangelo, nella quale, con grande capacità narrativa ed evocativa, Luca delinea gli elementi essenziali dell'esperienza di fede dei discepoli di ogni tempo. Come nelle altra manifestazioni pasquali, l'iniziativa è tutta di Gesù, che sembra oltrepassare ogni attesa e previsione umana, e, nello stesso tempo, sa farsi carico della debolezza dei suoi discepoli.

Nel cuore della notte pasquale, è proclamato il grande annuncio, attraverso il racconto della visita delle donne, all'alba del primo giorno della settimana: nella versione di Matteo, proposta quest'anno, traspare con forza la novità e la sorpresa dell'evento.

Nel cuore della notte pasquale, è proclamato il grande annuncio, attraverso il racconto della visita delle donne, all'alba del primo giorno della settimana: nella versione di Matteo, proposta quest'anno, traspare con forza la novità e la sorpresa dell'evento.