La parola
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Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, Mt 25,31-46

Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri

Nella domenica che segna la conclusione dell'anno liturgico, celebriamo la solennità di Cristo, re dell'universo, e, in particolare, ascoltando la famosa pagina del giudizio finale secondo Matteo, guardiamo a Gesù pastore e giudice escatologico. È un affresco impressionante, che ha ispirato tante rappresentazioni artistiche, e che ripropone lo sbocco ultimo di tutta la convulsa e drammatica storia dell'uomo: il mistero di un giudizio definitivo, di uno svelamento pieno della verità di ogni uomo di fronte a Dio.

Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri

Nella domenica che segna la conclusione dell'anno liturgico, celebriamo la solennità di Cristo, re dell'universo, e, in particolare, ascoltando la famosa pagina del giudizio finale secondo Matteo, guardiamo a Gesù pastore e giudice escatologico. È un affresco impressionante, che ha ispirato tante rappresentazioni artistiche, e che ripropone lo sbocco ultimo di tutta la convulsa e drammatica storia dell'uomo: il mistero di un giudizio definitivo, di uno svelamento pieno della verità di ogni uomo di fronte a Dio. Quest'annuncio di Cristo giudice è 'vangelo', è buona notizia, perché mostra la preziosità dell'esistenza presente, come luogo dove la libertà di ciascuno decide di sé e del proprio destino eterno; è buona notizia perché ci assicura che vittime e carnefici non saranno sullo stesso piano, che le opposte scelte degli uomini non sono assorbite e cancellate in un'indifferenza dove tutto scolora: 'La grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto. Non è una spugna che cancella tutto così che quanto s'è fatto sulla terra finisce per avere sempre lo stesso valore. I malvagi alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato' (Benedetto XVI, Spe Salvi, 44). L'elemento più originale nella raffigurazione del giudizio, in questa pagina del vangelo di Matteo, è certamente la duplice sorpresa, da parte dei giusti e da parte dei malvagi, condannati all'eterna separazione da Cristo, fonte di vita: i primi si stupiscono di aver soccorso lo stesso Signore, solidale e presente nei fratelli più piccoli, nei sofferenti, mentre i secondi sono sorpresi del contrario, non si sono resi conto che, non servendo gli uomini affamati, assetati, stranieri, malati, in carcere, non hanno servito il Signore e giudice della storia. Dunque ciò che decide della verità e del destino ultimo dell'uomo, è la sua apertura al bene, concretamente realizzata ed espressa nelle opere di misericordia, nel prendersi a cuore il fratello debole, nel non aver omesso il soccorso e il gesto umile della carità. Qui si apre un orizzonte immenso, che abbraccia tutti gli uomini, anche coloro che non hanno conosciuto esplicitamente il Vangelo, ma che tuttavia, lasciandosi ferire dal dolore altrui, si sono chinati sul povero, e così facendo, hanno stabilito un rapporto positivo verso Cristo: 'In verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me'. Davvero siamo di fronte ad un giudizio universale, che attraversa e penetra l'esistenza di ogni uomo, e traspare una signoria nascosta, ma reale di Cristo, che è misteriosamente unito ad ogni essere umano, segnato dalla sofferenza e dal bisogno. Potremmo anzi dire che nelle parole della sentenza finale Gesù si propone non solo come colui che giudica, ma come il principio stesso del giudizio: Lui è il bene tanto che ogni volta che si realizza un atto di bontà, ogni volta che non passiamo indifferenti di fronte al dolore dell'altro, noi stabiliamo una relazione con Cristo, noi ci ritroviamo, al di là della nostra coscienza, in rapporto con Lui. Ma c'è un aspetto paradossale in quest'annuncio, perché è come una rivelazione anticipata di ciò che accadrà alla fine, o meglio, è come lo svelarsi del volto nascosto nel fratello più piccolo e più bisognoso; raggiunti dal dono del Vangelo, illuminati da queste parole, noi ora sappiamo che, in realtà, ciò che facciamo o che non facciamo a coloro che vivono situazioni di dolore e di solitudine, tocca e riguarda la stessa persona di Gesù. Allora se è vero che la signoria di Cristo è universale e abbraccia anche coloro che ancora non lo conoscono, è altrettanto che la scoperta di questa sorprendente identificazione, 'l'avete fatto a me … non l'avete fatto a me', è sorgente di un miracolo inesauribile di misericordia, come ci testimoniano i grandi santi della carità, uomini e donne capaci di condivisione e di donazione, fino all'estremo, perché commossi e conquistati dall'amore di Cristo. In questo modo la regalità di Gesù si afferma ed è testimoniata nella storia, attraverso i suoi discepoli che desiderano non mancare all'appuntamento con il loro Signore, nascosto e presente nei fratelli più piccoli

Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri
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