La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Nel vangelo di questa domenica ascoltiamo l'avvio del discorso escatologico, che Gesù pronuncia davanti allo spettacolo imponente del grande tempio di Gerusalemme: il tempio, segno della protezione sicura di Dio per Israele, conoscerà la devastazione completa, davvero 'non resterà pietra su pietra', pochi decenni dopo, quando le legioni romane di Tito nel 70 d.C. conquisteranno la città di Gerusalemme, distruggendo l'area sacra del tempio.

Il passo evangelico proposto alla nostra meditazione si adatta al clima spirituale di queste ultime domeniche dell'anno liturgico, dominate dalla prospettiva della fine e del compimento della storia, nel ritorno glorioso del Signore.

Nella lettura semicontinua del terzo vangelo, siamo giunti nella parte conclusiva del lungo viaggio verso Gerusalemme, viaggio che nel vangelo di Luca occupa una lunga sezione (9,51-19,28) e rappresenta il cammino del discepolo dietro al suo Maestro: Gesù entra nella citta di Gèrico, luogo di passaggio obbligato per chi voleva raggiungere la Città Santa, e qui l'evangelista colloca un incontro significativo tra un capo dei pubblicani, Zacchèo e il Signore.

La parabola proposta nel vangelo di questa domenica è propria dell'evangelista Luca, e ancora una volta, evoca il tema della preghiera autentica: in realtà, nel gesto orante dei due protagonisti, viene alla luce la loro persona, il loro modo di concepire se stessi e Dio.

L'evangelista Luca mostra una particolare predilezione per il tema della preghiera: il suo racconto si apre e si chiude in una cornice orante (la visione di Zaccaria che sta officiando nel tempio per l'offerta dell'incenso in Lc 1,5-22 e l'immagine dei discepoli, che dopo l'ascensione del Signore, 'stavano nel tempio lodando Dio' in Lc 24,53); più volte, in momenti decisivi della sua missione, Gesù è in preghiera, e in due passaggi del suo vangelo, Luca raccoglie insegnamenti specifici del Signore su questo tema.

Il vangelo offerto alla nostra meditazione descrive un cammino di fede, che si sviluppa attraverso diverse tappe, fino alla sua pienezza; al centro del racconto c'è un incontro, tra Gesù, che nel suo viaggio verso Gerusalemme, attraversa la Samaria e la Galilea e un gruppo di dieci lebbrosi.

Nel capitolo 17 del suo vangelo, Luca raccoglie materiale abbastanza disomogeneo, iniziando con una serie di detti su temi differenti: nel breve passo offerto alla nostra meditazione, abbiamo due passaggi chiaramente distinti. Nel primo, il tema di fondo è la fede, espresso in una forma paradossale; la domanda d'avvio degli apostoli è rivolta al Signore, titolo che Luca ama utilizzare con riferimento a Gesù, già nel tempo del suo ministero terreno, e riguarda la crescita della fede: 'Aumenta la nostra fede!'.

All'interno di questo capitolo 16, dedicato al tema della ricchezza e del suo retto uso nella vita dei discepoli, Luca colloca questa parabola, che non ha paralleli negli altri vangeli: in essa, oltre ad una chiara condanna della durezza e insensibilità che l'anonimo ricco mostra verso il mendicante Lazzaro, Gesù prospetta l'opposto destino eterno che si può aprire al di là della morte e avverte dell'urgenza del tempo presente, come unico tempo di conversione.

Il brano di Luca, proposto alla nostra attenzione apre il cap. 16, nel quale l'evangelista ha raccolto materiale disparato su un tema di fondo, che gli sta molto a cuore: l'uso della ricchezza nella vita del discepolo; com'evidente, il passo in questione si suddivide in una parabola (vv. 1-8) e in commento attualizzante di Gesù (vv. 9-13), che guida la retta comprensione della stessa parabola.

Il vangelo di questa domenica è una delle pagine più belle, più intense e più caratteristiche di Luca, sono le famose parabole della misericordia che l'evangelista raccoglie insieme, in una cornice assai significativa: Gesù è circondato da pubblicani e peccatori che lo ascoltano e questa scena indica non un fatto isolato, ma un dato permanente e originale della vita e dell'attività di Gesù, che spesso stabilisce un rapporto familiare con queste persone, stando a mensa con loro e destando lo scandalo e la mormorazione dei 'giusti', dei farisei e degli scribi.