La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

D opo l'inizio solenne della predicazione in Galilea, con la successiva chiamata dei primi quattro discepoli, Gesù sceglie la piccola cittadina di Cafarnao, come centro della sua attività, e l'evangelista Marco, con i tratti vivaci e drammatici della sua narrazione, ci coinvolge nell'esperienza degli inizi: ripercorriamo quasi una giornata ideale del Maestro, nella quale si dispiega tutta la novità della parola e dell'azione di Gesù.

Il passo evangelico di Marco rappresenta l'inizio della predicazione di Gesù, con la successiva chiamata dei primi discepoli. Dalla scena scompare il precursore arrestato ed inizia l'irruzione di qualcosa di nuovo, nella persona e nella parola di Gesù. Siamo di fronte ad una svolta, che riguarda l'attesa d'Israele, ma interessa ogni uomo, chiunque è raggiunto dall'annuncio del Vangelo: 'Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino'.

I vangeli di queste prime domeniche del tempo ordinario, che si collocano tra il tempo dell'Avvento e del Natale, e il tempo della Quaresima e della Pasqua, possono essere letti come i vangeli degli inizi, gli inizi della vita pubblica del Signore e del corrispettivo cammino dei discepoli, chiamati a stare con Lui. Quasi a voler riproporre, attraverso la parola evangelica, come si desta e si sviluppa un'esistenza cristiana, determinata dalla persona e dalla presenza di Gesù.

Nella tradizione orientale il battesimo di Gesù al Giordano è celebrato, insieme all'adorazione del magi e al primo segno compiuto alle nozze di Cana, come epifania del mistero di Cristo, alle genti e ad Israele: in effetti la scena del battesimo, nella essenziale narrazione di Marco, racchiude una rivelazione che illumina tutto il successivo racconto, e rappresenta già un anticipo della piena manifestazione che si realizzerà nell'ora della croce e nella gloria della risurrezione.

Alle porte del Natale, la bellissima pagina dell'annunciazione dell'angelo a Maria porta la nostra attenzione sul mistero dell'Incarnazione, compimento sorprendente e inimmaginabile della promessa di Dio ad Israele: nel silenzio di Nazaret, nel grembo verginale di una giovane fidanzata, inizia a prendere vita il Messia, il Figlio dell'Altissimo, concepito per la potenza dello Spirito.

In questa domenica l'attenzione si volge ancora alla figura di Giovanni il battista, precursore di Cristo, attraverso le parole del quarto vangelo: ascoltiamo un passaggio tratto dal prologo (1,6-8) e, di seguito, la testimonianza che Giovanni dà di se stesso di fronte ai Giudei (1,19-28). Traspare subito, con forza, il volto di un testimone, cioè di un uomo, che, toccato e investito dallo Spirito, vive per un altro, tutto rivolto al suo Signore: 'Non era lui la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce'.

L'inizio del vangelo di Marco può sembrare abbastanza brusco, perché dopo una sorta di titolo che indica in Gesù, Messia e Figlio di Dio, il contenuto essenziale della buona notizia, improvvisamente ci conduce nel deserto, di fronte alla figura austera di Giovanni il battezzatore. Proprio lui è uno dei testimoni che caratterizzano la liturgia dell'Avvento, la sua figura e la sua parola indicano chiaramente come preparare le vie al Signore che viene, come non mancare la grazia della visita di Cristo.

In questo nuovo anno liturgico, l'evangelista che ci accompagnerà è Marco, colui che può essere considerato il creatore di questa forma narrativa, così singolare, qual è il vangelo, che unisce in sé memoria storica ed annuncio di fede: alle soglie dell'Avvento ascoltiamo un breve passo, tratto dal discorso escatologico, raccolto nel cap.13 del testo di Marco. Per tre volte, in pochi versetti, ritorna l'imperativo di Cristo, rivolto ai suoi discepoli, 'Vegliate!', e questa veglia assume i caratteri di un'attesa vigilante e di un'attenzione ben desta.

Nella domenica che segna la conclusione dell'anno liturgico, celebriamo la solennità di Cristo, re dell'universo, e, in particolare, ascoltando la famosa pagina del giudizio finale secondo Matteo, guardiamo a Gesù pastore e giudice escatologico. È un affresco impressionante, che ha ispirato tante rappresentazioni artistiche, e che ripropone lo sbocco ultimo di tutta la convulsa e drammatica storia dell'uomo: il mistero di un giudizio definitivo, di uno svelamento pieno della verità di ogni uomo di fronte a Dio.

In queste ultime domeniche dell'anno liturgico, ascoltiamo due grandi parabole, raccolte nel capitolo 25° di Matteo: quella dei talenti (25,14-30) e l'affresco del giudizio finale (25,31-46). In realtà anche la precedente parabola, quella delle vergini sagge e stolte (Mt 25,1-13), può essere ricondotta ad un comune orientamento, in quanto l'evangelista, dopo il grande discorso escatologico (Mt 24), mette a tema come vivere, in modo sapiente e fruttuoso, questo tempo di attesa vigilante, senza sprecare l'esistenza presente.