La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Il tempo pasquale che è segnato dalla celebrazione del Risorto e che raggiunge il suo culmine nella memoria del dono dello Spirito, ci conduce a rivivere, nella liturgia, il mistero dell'Ascensione del Signore: secondo il racconto di Luca all'inizio del suo secondo libro (Atti 1,1-11), quaranta giorni dopo la Pasqua, Gesù ascende al cielo, sotto lo sguardo stupito dei suoi discepoli.

L e parole di Gesù, che giungono a noi attraverso la testimonianza del quarto vangelo, sono parole custodite e trasmesse nella piena intelligenza che lo Spirito realizza, permettendoci di entrare nella verità di Cristo, e sono tratte dei discorsi d'addio, redatti da Giovanni nella cornice dell'ultima cena.

Nel passaggio dei discorsi d'addio di Gesù, raccolti e composti da Giovanni, proposto alla nostra riflessione, ascoltiamo una parola d'auto-rivelazione da parte di Cristo: 'Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Io sono la vite, voi i tralci'.

Il passo di Giovanni che è offerto al nostro ascolto, in questa domenica del 'Buon Pastore', è uno dei più suggestivi del quarto vangelo, perché, con pochi tratti, è evocata tutta la ricchezza del mistero pasquale.

Anche il vangelo di questa domenica ci propone il primo incontro del Risorto con i discepoli, in particolare gli Undici rimasti a Gerusalemme, e un primo tratto che l'evangelista Luca accentua, nella sua narrazione, è il carattere realistico di questa presenza del Signore risuscitato in mezzo ai suoi.

Giovanni nel suo vangelo conosce tre manifestazioni del Risorto ai discepoli: dopo il primo segno, che è il ritrovamento del sepolcro vuoto, da parte di Maria di Magdala e dei due discepoli da lei chiamati, accade l'esperienza di un incontro reale e misterioso tra Gesù vivente e i suoi. Due apparizioni si collocano a Gerusalemme, nell'ambiente chiuso del cenacolo, e l'ultima sulle rive del lago: la fede nella nuova esistenza del maestro nasce nel cuore dei primi, grazie a questo contatto con Cristo risuscitato.

Anche se la lettura liturgica, nella nuova versione della Bibbia CEI, in modo un po' sorprendente, tralascia l'ultimo versetto che Marco riferisce alla visita delle donne al sepolcro (16,8: 'Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite'), occorre tenere conto di questo finale, brusco e sconcertante, per percepire la forza dell'annuncio della risurrezione di Cristo, secondo l'evangelista Marco.

Il racconto della passione nel vangelo di Marco, nella sua essenzialità e vivacità narrativa, ci permette di rivivere le ore drammatiche e decisive del cammino di Cristo: ci limitiamo a mettere in luce alcune elementi che attraversano queste pagine così intense.

Il vangelo di Giovanni di questa domenica ha un andamento singolare, perché, a partire dalla domanda di alcuni pellegrini greci, 'Vogliamo vedere Gesù', sviluppa l'annuncio del mistero ormai prossimo dell'ultima Pasqua del Signore a Gerusalemme. Apparentemente c'è uno stacco tra la richiesta di cui si fanno portavoce Andrea e Filippo e le parole di risposta di Cristo: in realtà c'è una logica profonda e paradossale, perché al desiderio di vedere Gesù, egli risponde indicando l'avvicinarsi dell'ora della sua gloria, cioè della sua manifestazione agli uomini.

Il vangelo che ascoltiamo nella quarta domenica di Quaresima, domenica già illuminata dalla gioia pasquale, è unavera sintesi dell'annuncio della fede, che l'evangelista Giovanni colloca all'interno del dialogo tra Gesù e Nicodemo, e anche se non ricorre il vocabolario della gioia, c'è indirettamente una nota di letizia e di speranza, perché viene svelato il disegno buono e grande del Padre, a favore dell'uomo.