La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Il vangelo proposto alla nostra riflessione mostra una sua continuità con il mistero del Battesimo del Signore, celebrato la scorsa domenica, alla conclusione del tempo natalizio: infatti, il quarto evangelista, nel primo incontro tra Gesù e il Battista, allude all'esperienza battesimale del Signore, attraverso la testimonianza del profeta.

Matteo, come gli altri evangelisti, caratterizza l’inizio dell’attività pubblica di Gesù con il gesto del battesimo, ricevuto dalle mani di Giovanni, presso il fiume Giordano: un gesto scandaloso, che rappresenta una prima manifestazione del Signore. Non a caso, nella tradizione liturgica della Chiesa, il battesimo al Giordano è associato all’adorazione dei magi e al primo segno dell’acqua trasformata in vino, alle nozze di Cana, come una triplice “epifania”, rivelazione della gloria del Figlio di Dio, fatto uomo.

Il clima liturgico di questa quarta domenica d'Avvento è già tutto pervaso dalla contemplazione del grande mistero dell'Incarnazione, che si colloca al centro della celebrazione natalizia, e il vangelo proposto riflette questo orientamento. Si tratta di una pagina, tratta dai capitoli iniziali di Matteo, dedicati a mostrare l'origine di Gesù Messia d'Israele; dopo la genealogia, che apre lo scritto matteano, abbiamo la narrazione della nascita di Gesù Cristo, vista dal punto di vista divino.

Giovanni, il profeta che ci accompagna al mistero della venuta di Cristo tra noi, attraversa l'esperienza del buio, non solo perché, ingiustamente carcerato, sente forse avvicinarsi l'ora della suprema testimonianza, ma soprattutto perché è turbato nel cuore, davanti alla figura, così singolare di Gesù.

Il vangelo proposto alla nostra riflessione s'incentra sulla figura e la testimonianza di Giovanni il Battista: Matteo, seguendo lo schema di Marco, introduce la vita pubblica del Signore presentando la missione dell'ultimo profeta in Israele, come colui che ha avuto il compito e la grazia di poter indicare presente il Messia atteso.

Con questa domenica iniziamo il nuovo anno liturgico, nel quale saremo accompagnati dal vangelo secondo Matteo, ed entriamo nel tempo breve, ma intenso dell'Avvento: come noto, i vangeli che sono proposti alla nostra meditazione richiamano i caratteri fondamentali di questo tempo, orientato alla duplice venuta del Signore, la prima nell'umiltà della carne, e l'ultima nella pienezza della gloria.

In questa domenica, che chiude l'anno liturgico, la Chiesa celebra il mistero di Cristo, re dell'universo, e il passo di Luca, proposto alla nostra meditazione, ci permette di penetrare nei tratti assolutamente originali della regalità di Gesù, un re ben diverso dai normali canoni storici e culturali, che realizza la sua signoria per la via paradossale della croce.

Nel vangelo di questa domenica ascoltiamo l'avvio del discorso escatologico, che Gesù pronuncia davanti allo spettacolo imponente del grande tempio di Gerusalemme: il tempio, segno della protezione sicura di Dio per Israele, conoscerà la devastazione completa, davvero 'non resterà pietra su pietra', pochi decenni dopo, quando le legioni romane di Tito nel 70 d.C. conquisteranno la città di Gerusalemme, distruggendo l'area sacra del tempio.

Il passo evangelico proposto alla nostra meditazione si adatta al clima spirituale di queste ultime domeniche dell'anno liturgico, dominate dalla prospettiva della fine e del compimento della storia, nel ritorno glorioso del Signore.

Nella lettura semicontinua del terzo vangelo, siamo giunti nella parte conclusiva del lungo viaggio verso Gerusalemme, viaggio che nel vangelo di Luca occupa una lunga sezione (9,51-19,28) e rappresenta il cammino del discepolo dietro al suo Maestro: Gesù entra nella citta di Gèrico, luogo di passaggio obbligato per chi voleva raggiungere la Città Santa, e qui l'evangelista colloca un incontro significativo tra un capo dei pubblicani, Zacchèo e il Signore.