La parola
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Il Vangelo della Domenica, Gv 6,1-15

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Con questa domenica iniziamo l'ascolto del capitolo 6° del vangelo di S. Giovanni, interrompendo per alcune settimane la lectio continua del vangelo di Marco: come noto, il quarto evangelista ha raccolto in questo capitolo il racconto della moltiplicazione dei pani e il successivo grande discorso di Gesù sul pane di vita.

Con questa domenica iniziamo l'ascolto del capitolo 6° del vangelo di S. Giovanni, interrompendo per alcune settimane la lectio continua del vangelo di Marco: come noto, il quarto evangelista ha raccolto in questo capitolo il racconto della moltiplicazione dei pani e il successivo grande discorso di Gesù sul pane di vita. Nella narrazione di questo miracolo, che ha segnato profondamente la memoria evangelica, Giovanni mette in rilievo il carattere di segno offerto non solo alle folle presenti sul lago, ma ai credenti di ogni generazione, un segno da leggere e decifrare, per entrare sempre di più nella comprensione del mistero di Cristo: fin dall'inizio si accenna al fatto che una grande folla segue Gesù, 'perché vedeva i segni che compiva sugli infermi', e al termine del racconto, si descrive la reazione della gente che, 'visto il segno che egli aveva compiuto', lo acclama come il grande profeta e vuole farlo re, interpretando in questo senso la sua identità di messia. Nella vita di fede è essenziale la presenza di segni, ieri come oggi, e Cristo continua a farsi presente attraverso segni che Lui stesso realizza, nella persona dei suoi testimoni, dei suoi santi, dei suoi discepoli: segni straordinari, come miracoli e guarigioni, che non sono mai mancate nel cammino della Chiesa, e segni più semplici e più ordinari nell'esistenza dei cristiani, che si nutrono dei gesti sacramentali e della parola del Vangelo, e vivono la grazia di un cambiamento della propria umanità, trasfigurata dallo Spirito. Ciò che è decisivo è compiere il percorso della conoscenza, che accade nella fede, e che sa riconoscere il volto del Mistero e sa accogliere Colui che si rivela; tutto ciò non è automatico, ma passa attraverso il dramma della libertà. Proprio la finale del nostro racconto manifesta l'insufficiente comprensione delle folle, che tendono ad interpretare Gesù secondo le loro attese e le loro immagini. L'annuncio che Cristo farà del pane della vita, metterà ancora più a nudo la sfida ad aprirsi ad una misura e ad un mistero che vanno oltre le nostre misure e i nostri criteri. Il segno che Gesù dà di sé, nella moltiplicazione dei pani e nella sua parola, provoca continuamente il cuore dell'uomo ad una decisione e ad un riconoscimento che superano le nostre sicurezze e ci chiedono di affidarci nella libertà della fede. Il segno che Cristo pone di fronte alle folle, parla a noi, rivela a noi qualcosa del suo mistero, non è un elemento esterno alla sua persona, come le credenziali che accreditano un ambasciatore, ma è un'irradiazione della sua presenza: ecco perché l'evangelista è così accurato nel descrivere i gesti e le parole del Signore. Innanzitutto l'iniziativa è di Gesù, è lui che vede la grande folla, e anticipa il bisogno, è lui che domina il compiersi dell'azione, ponendo la domanda provocante a Filippo, mostrando la sua signoria e compiendo tutti i gesti: prende i pani, rende grazie, e li dona alle folle. È chiaro che, concretamente, sono stati i discepoli a distribuire i pani e i pesci, e a raccogliere i pezzi avanzati, ma Giovanni vuole indirizzare il nostro sguardo su Gesù, e legge nei suoi gesti una sorta d'anticipazione eucaristica: nel quarto vangelo, infatti, non è narrata l'istituzione dell'Eucaristia nell'ultima cena, ma la realtà di questo dono perenne ai suoi è appunto evocata ora, nell'abbondante moltiplicazione dei pani, e nel discorso che segue, incentrato sulla vera manna che Dio ora elargisce ad Israele. Così, il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci, letto nell'intera vicenda di Cristo, ci rimanda alla realtà del dono totale e libero, che si compirà nella sua Pasqua: l'abbondanza del banchetto preparato da Gesù per le folle (i dodici canestri avanzati, evidente allusione alle dodici tribù d'Israele) è davvero un segno messianico, e annuncia che siamo ormai nel tempo della pienezza e del compimento. Una pienezza del dono che ci rivela il modo originale con cui Gesù messia realizza la sua missione e rivela la sua potenza: nella forma di un amore offerto e consumato, di cui resta segno vivo il sacramento del pane eucaristico. Cristo allora si ritira sul monte, e si sottrae alla folla che lo vuole fare re, perché c'è in gioco la verità del suo essere e della sua missione, perché non vuole essere frainteso e equivocato; il segno appena compiuto chiede un percorso per essere percepito nella sua ricchezza, un percorso che l'evangelista ci offre nella prosecuzione del racconto, e che raggiunge la sua mèta nella Pasqua. La menzione iniziale alla Pasqua, 'la festa dei Giudei' è la prima traccia del cammino che porta alla Pasqua di Gesù, al dono della sua carne per la vita del mondo.Corrado Sanguineti

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