La parola
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29a domenica del Tempo Ordinario - anno B, Mc10, 35-45

Il Figlio dell'uomo è venuto per dare la propria vita

N ello svolgimento narrativo del vangelo di Marco, dopo ogni annuncio della passione e della risurrezione da parte di Gesù, segue sempre una scena dove traspare l'incomprensione dei discepoli: nel nostro passo, è il caso di Giacomo e Giovanni che avanzano la richiesta di sedere nella gloria del Regno, alla destra e alla sinistra del Messia Signore. È difficile determinare con esattezza il senso di una tale richiesta, anche se evidentemente i due discepoli pensano ad una posizione di privilegio, di vicinanza, di partecipazione al dominio di Gesù re d'Israele.

N ello svolgimento narrativo del vangelo di Marco, dopo ogni annuncio della passione e della risurrezione da parte di Gesù, segue sempre una scena dove traspare l'incomprensione dei discepoli: nel nostro passo, è il caso di Giacomo e Giovanni che avanzano la richiesta di sedere nella gloria del Regno, alla destra e alla sinistra del Messia Signore. È difficile determinare con esattezza il senso di una tale richiesta, anche se evidentemente i due discepoli pensano ad una posizione di privilegio, di vicinanza, di partecipazione al dominio di Gesù re d'Israele. Ma, come spesso accade, la risposta di Cristo è imprevedibile ed introduce una svolta radicale, mettendo innanzitutto in luce la povertà della domanda, che in varie forme si ripete nella vita dei discepoli di ogni tempo: 'Voi non sapete quello che chiedete'. In realtà, per Gesù, il suo autentico potere, ben diverso da quello mondano, si realizza e si manifesta, in modo paradossale, in un'esperienza di sofferenza, di opposizione, che raggiungerà il culmine nella passione e nella croce: 'Potere bere il calice che io bevo o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?'. Le due immagini sono molto suggestive ed è da notare che descrivono qualcosa di presente: il calice, nel linguaggio biblico, ha varie risonanze, ma certamente può alludere ad una sorte dolorosa, sofferta, un calice amaro da bere fino in fondo. Viene subito alla mente la preghiera di Gesù nell'orto del Getsemani, dove, come Figlio, si rivolgerà al Padre, all'Abbà del cielo, e chiederà, con angoscia, che sia allontanato il calice della passione: un calice che Gesù ha cominciato a conoscere nel suo ministero, nella sua fedeltà al Regno, nella contraddizione che incontra nei capi religiosi e in tanti membri d'Israele. Il battesimo, d'altra parte, evoca l'essere immerso nelle acque amare dell'afflizione, un passaggio che attraverso la morte, sfocia nella vita, e anch'esso, mentre indica la fatica presente dell'opera di Gesù, preannuncia le ore della passione, nelle quali davvero Cristo sarà immerso nell'oscurità dell'angoscia, della solitudine, della morte, fino al buio del sepolcro. L'annuncio che segue e che prospetta ai discepoli la partecipazione allo stesso destino doloroso e vivificante, può essere compreso solo nella luce della Pasqua: ciò che rimane in primo piano non è la richiesta dei due discepoli, che sono rimandati alla libera disposizione del Padre, ma la chiamata a vivere, anch'essi lo stesso cammino di Cristo, a bere il suo calice, a ricevere il suo battesimo, in un'esistenza che prende la forma del loro Signore, nella testimonianza combattuta, fino al martirio (almeno per Giacomo, primo dei dodici a versare il sangue per Gesù). Il capovolgimento di sguardo e di giudizio che Cristo opera, di fronte alla richiesta dei due fratelli, appare con ancora più forza e nettezza a fronte della contestazione, invidiosa e meschina degli altri dieci: piccolezze clericali e di sacrestia sono iniziate presto nella comunità cristiana! C'è un'ironia sferzante, con la quale Gesù valuta i potenti del mondo e le logiche normali del potere: 'coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse', un dominio che spesso diventa oppressione, violenza, sopruso. Ora con Cristo c'è un nuovo mondo, in questo mondo, una nuova misura nei rapporti umani: 'Tra voi però non è così'. Prima che un'esortazione morale, si annuncia un fatto nuovo, determinato dalla presenza di Gesù, dal modo originale e scandaloso con cui vive la missione ed esercita l'autorità: lui stesso si fa servitore dei suoi, schiavo di tutti, fino a lavare i piedi ai dodici nella cena dell'ultima sera, fino a morire sulla croce, condividendo l'orribile fine di tanti schiavi, di tanti maledetti. Eppure, proprio in questa abissale umiliazione, Gesù è grande, e si manifesta grande, nell'amore, nella capacità di perdono, nella consegna libera e amorosa di sé al Padre, e per questa via si compie il Regno, in modo totalmente differente dalle attese giudaiche e dalle nostre categorie mentali: chi mai avrebbe immaginato un Dio crocifisso, un Dio che vince, accettando di passare attraverso la morte e l'apparente sconfitta? Victor quia victima: non c'è altra via per raggiungere la vera grandezza, per partecipare del vero potere che trasforma i cuori e cambia la storia.Corrado Sanguineti

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