La parola
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12a domenica del Tempo Ordinario - anno B, Marco 4, 35-41

Chi è costui, che anche il mare e il vento gli obbediscono?

'Passiamo all'altra riva': l'invito con cui si apre il passo evangelico acquista il suo pieno significato nel racconto che segue della tempesta sedata sul lago e può essere assunto come una sfida permanente che Cristo rivolge ai suoi discepoli fino a noi.

Chi è costui, che anche il mare e il vento gli obbediscono?

'Passiamo all'altra riva': l'invito con cui si apre il passo evangelico acquista il suo pieno significato nel racconto che segue della tempesta sedata sul lago e può essere assunto come una sfida permanente che Cristo rivolge ai suoi discepoli fino a noi. Al di là del senso immediato del comando, c'è l'appello ad un percorso che, in fondo, è il percorso della fede, un passare all'altra riva, la riva del Mistero, presente e operante in Gesù, un invito a non fermarsi all'apparenza, ma a compiere fino in fondo un cammino di conoscenza del Dio vivente. La scena successiva, descritta dall'evangelista Marco, con vivezza di particolari concreti - si menziona anche il cuscino su cui Gesù stanco trova finalmente riposo alla poppa dell'imbarcazione - può essere davvero letta come un avvenimento di rivelazione, che provoca i discepoli, e che in modi differenti accade nella vita dei credenti e della Chiesa di ogni tempo. Come noto, il mare, con le oscure profondità e con la sua forza che si scatena nella tempesta, è nella Scrittura un simbolo delle potenze del male e della morte, tanto che nella prima pagina della Genesi, la creazione, opera della parola che dà origine ed ordine alla realtà, si apre con l'immagine dello spirito che aleggia sulle acque primordiali in una terra informe e deserta. La potenza di Dio si manifesta proprio nel porre un limite al mare, all'orgoglio delle onde (cfr. Gb 38,8-11) e nella nuova creazione il mare stesso non ci sarà più, nella vittoria definitiva dell'Agnello contro gli inferi e la morte (cfr. Ap 21,1). In questo orizzonte la tempesta sedata da Cristo, con la forza, apparentemente debole della parola, è l'apparire nell'uomo Gesù della stessa autorità di Dio, è quasi una rinnovata scena di creazione, dove il Signore si rivela capace di un dominio totale degli elementi del creato, il vento e il mare, un dominio che è proprio solo del Creatore. Gesù dorme, dopo una giornata intensa nel contatto con le folle, ed è un sonno profondo che non gli fa sentire nemmeno la tempesta intorno alla barca, e questa circostanza può essere letta a più livelli: non è solo un dato reale, ma acquista anche un valore simbolico, perché ci sono tempi, nell'esistenza del credente o dell'intera comunità, scossa dai flutti della storia, che il Signore sembra assente, sembra dormire, quasi indifferente al travaglio degli uomini, ed esiste l'esperienza di un silenzio di Dio, di un sottrarsi della sua presenza, che provoca il cuore dei discepoli. Così si desta il grido della domanda: 'Maestro, non t'importa che siamo perduti?'. Un grido drammatico, insistente, quasi un rimprovero rivolto a Gesù: immediatamente Cristo si risveglia, si alza e la sua parola, efficace e forte come quella di Dio, riporta la pace. Nell'evento c'è come un annuncio di ciò che accadrà a Pasqua, quando il Signore entrerà nel sonno della morte e si rialzerà come colui che ha vinto per sempre le tenebre, e di ciò che si rinnova, tante volte, nell'esperienza dei credenti e della Chiesa: quando tutto sembra perduto, quando sembra vincere l'oscurità della notte, c'è un nuovo inizio e Cristo si mostra più forte della tempesta e delle contraddizioni. La conclusione del breve racconto contiene però l'apice, ciò che Marco vuole mettere in evidenza, cioè la fede immatura e iniziale dei discepoli, che non sono ancora capaci di 'passare all'altra riva': dopo tutto ciò che hanno visto e vissuto nella compagnia con Gesù, hanno ancora paura. La loro fede, ai primi passi, si esprime come domanda, carica di stupore, ma dove sembra prevalere una tonalità negativa: 'E furono presi da grande timore'. È il timore che l'uomo avverte di fronte al divino, di fronte a ciò che lo supera, un timore che si esprime nella domanda: 'Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?'. Nella domanda c'è l'invito, ai discepoli, come a noi, a percorrere fino in fondo il cammino della fede, che, partendo dall'eccezionalità di una Presenza in azione, giunge a riconoscere il Dio vivente, il volto buono del Mistero che sembra dormire in silenzio, ma che in realtà 'non si addormenta e non prende sonno' (Sal 120,4), che accoglie il nostro grido e ci soccorre, non permettendo alle forze del caos e del male di avere l'ultima parola.Corrado Sanguineti

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