La parola
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2A domenica di Quaresima - anno A, Matteo 17, 1 - 9

Il suo volto brillò come il sole

Nella seconda tappa del cammino quaresimale, la liturgia propone il vangelo della trasfigurazione, un autentico squarcio di luce sul mistero di Gesù; in tutti i tre sinottici, quest'evento si colloca dopo il primo annuncio della passione, morte e risurrezione che si realizzeranno a Gerusalemme, e già in questa scelta degli evangelisti possiamo raccogliere una prima indicazione: colui che sarà oggetto del disprezzo e della derisione, come falso messia e pretendente al titolo regale, è davvero il Figlio, nel quale il Padre pone tutta sua compiacenza, e paradossalmente, proprio attraverso la

Il suo volto brillò come il sole

Nella seconda tappa del cammino quaresimale, la liturgia propone il vangelo della trasfigurazione, un autentico squarcio di luce sul mistero di Gesù; in tutti i tre sinottici, quest'evento si colloca dopo il primo annuncio della passione, morte e risurrezione che si realizzeranno a Gerusalemme, e già in questa scelta degli evangelisti possiamo raccogliere una prima indicazione: colui che sarà oggetto del disprezzo e della derisione, come falso messia e pretendente al titolo regale, è davvero il Figlio, nel quale il Padre pone tutta sua compiacenza, e paradossalmente, proprio attraverso la via dell'amore obbediente e della croce, si manifesterà la sua gloria di Signore. Nella scena della trasfigurazione, c'è come un anticipo della gloria pasquale, evocata nelle vesti candide come la luce: così l'angelo che annuncia la risurrezione, in Mt 28,3, apparirà seduto vicino alla tomba, con un vestito “candido come la neve”. Similmente, gli altri segni che caratterizzano questa visione dei discepoli rinviano alla presenza divina, che avvolge e penetra la persona del loro maestro: la nube luminosa, che nel linguaggio dell'AT è la shekinah, il segno visibile della vicinanza di Dio, la colonna di nube che ha guidato Israele nel suo cammino nel deserto, la nube che circonda il Sinai e che si posa sulla tenda e sulla dimora del deserto, sul tempio di Salomone; la voce dall'alto, che invita ad ascoltare Gesù come il messia Figlio, come il servo in cui Dio si compiace (Is 42,1), come il profeta annunciato e atteso, pari a Mosé (Dt 18,15). Al centro dello sguardo stupito e timoroso dei discepoli c'è dunque Gesù, al termine dell'apparizione e della teofania rimane solo Lui, il testimone da ascoltare, il Signore da seguire, nel suo cammino verso la Pasqua; in fondo, qui si esprime il cuore della nostra fede, e allo stesso tempo, il senso più autentico dell'itinerario quaresimale: guardare Gesù, fissare gli occhi sulla rivelazione del suo mistero, racchiusa nell'umiltà della croce e nella gloria della risurrezione, ascoltare lui, che, a differenza di Mosè, ci parla del Padre, perché lo ha visto, perché viene da Lui, perché ne è il Figlio, in senso singolare e trascendente. Ed è interessante notare che nella trasfigurazione, i sensi dei discepoli sono coinvolti, gli occhi che vedono, le orecchie che odono la voce del Padre, i loro corpi che si prostrano e che sono toccati da Gesù che li rialza al termine della visione; siamo di fronte ad un'esperienza che coinvolge i tre amici, nella completezza del loro essere, carne e spirito, sensi ed intelligenza. In questa prospettiva, la trasfigurazione diventa un simbolo dell'esperienza del mistero, aperta ad ogni discepolo di Cristo, non riservata a pochi privilegiati: anche noi nella fede vediamo il volto del Signore, che si dischiude ai nostri occhi semplici, che continua a far splendere la sua bellezza nella carne trasfigurata dei suoi santi e dei suoi testimoni; anche noi, attraverso la parola della Scrittura, che risuona nella vita della Chiesa, nella sua liturgia, ascoltiamo la voce del Padre, impariamo a riconoscere la Parola viva e incarnata in Gesù; anche noi nella preghiera possiamo sperimentare e gustare la consolazione dello Spirito, e in qualche modo, diventare partecipi del soffio di Dio, della sua vita. Non c'è esperienza spirituale, in senso cristiano, che non sia anche esperienza corporea, sensibile, si tratta sempre di un avvenimento che comprende tutta la nostra umanità: il Dio che in Gesù ha preso un corpo, continua a rivelarsi in una forma visibile, udibile e toccabile, come accade nella grazia dei sacramenti e dell'esistenza ecclesiale. La stessa pratica del digiuno e della penitenza, a cui siamo richiamati nella Quaresima, ha a che fare con la nostra concreta umanità, e ci educa ad un'ascesi del corpo, che non è disprezzo o svalutazione della condizione carnale dell'uomo, ma via per un'integrazione ed un coinvolgimento attivo, anche dei nostri sensi, nella vita di fede, nella relazione con Dio: su questa via, nell'ascolto obbediente di Cristo, parola viva del Padre, la trasfigurazione del Signore rivive nei suoi discepoli, i quali, guidati dallo Spirito, fanno trasparire nel loro volto e nel loro essere un raggio della gloria del Risorto.

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