Il Papa: si fermi la guerra in Ucraina e a Gaza

Nell’Udienza Generale del mercoledì

Leone XIV ha concluso l’udienza di mercoledì 28 maggio in piazza San Pietro, gremita di fedeli, con un doppio appello: fermare la guerra in Ucraina e nella striscia di Gaza, dove “si leva sempre più intenso al cielo il pianto delle mamme e dei papà che stringono a sé i corpi senza vita dei bambini e che sono continuamente costretti a spostarsi alla ricerca di un po’ di cibo e di un riparo più sicuro dai bombardamenti”.

“Ai responsabili – ha detto – rinnovo il mio appello: cessate il fuoco; siano liberati tutti gli ostaggi; si rispetti integralmente il diritto umanitario”. “Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani”,

l’invito al centro della catechesi, dedicata alla parabola del samaritano, che noi chiamiamo “buono”, ma che nel testo evangelico “è semplicemente una persona”. “La vita è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo”, ha osservato durante la catechesi Il primo riferimento di Leone XIV è al sacerdote e il levita, che scendono per la stessa strada del protagonista della parabola: “Sono persone che prestano servizio nel Tempio di Gerusalemme, che abitano nello spazio sacro. Eppure, la pratica del culto non porta automaticamente ad essere compassionevoli”. “Possiamo immaginare che, dopo essere rimasti a lungo a Gerusalemme, quel sacerdote e quel levita abbiano fretta di tornare a casa”, l’ipotesi di Papa Leone, secondo il quale “è proprio la fretta, così presente nella nostra vita, che molte volte ci impedisce di provare compassione. Chi pensa che il proprio viaggio debba avere la priorità, non è disposto a fermarsi per un altro”.

L’identikit del samaritano, invece, è quello di uomo che “appartiene a un popolo disprezzato”, ma che “effettivamente è capace di fermarsi”. “Il testo non precisa la direzione, ma dice solo che era in viaggio”, ha osservato Leone XIV: “La religiosità qui non c’entra. Questo samaritano si ferma semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto”. “La compassione si esprime attraverso gesti concreti”, ha spiegato infatti il Pontefice: “il samaritano si fa vicino, perché se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare; gli fascia le ferite dopo averle pulite con olio e vino; lo carica sulla sua cavalcatura, cioè se ne fa carico, perché si aiuta veramente se si è disposti a sentire il peso del dolore dell’altro; lo porta in un albergo dove spende dei soldi, due denari, più o meno due giornate di lavoro; e si impegna a tornare ed eventualmente a pagare ancora, perché l’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura”.