Oltre 250mila persone ai funerali di Papa Francesco. Il Cardinale Re: «Ha incessantemente elevato la sua voce per la pace»

Da San Pietro a Santa Maria Maggiore. È lungo sei chilometri il 48° e ultimo viaggio di Papa Francesco, il primo papa del ventunesimo secolo che nel suo testamento ha espresso la volontà di essere sepolto in un luogo diverso dalla basilica vaticana.

L’inizio e la fine del pontificato si richiamano a vicenda, allo stesso modo in cui la presenza dell’icona della Madonna Salus Populi, in copia in piazza San Pietro e in originale a Santa Maria Maggiore, ha unito idealmente il funerale in piazza e la tumulazione nella Basilica Liberiana, dove il feretro di Papa Francesco è stato accolto da circa 40 poveri scelti dalla Caritas. Tra i momenti più commoventi del rito funebre, quello avvenuto prima e dopo l’aspersione della bara con l’acqua benedetta: anche durante il funerale di Bergoglio, come era già avvenuto vent’anni fa durante il funerale di Giovanni Paolo II, il vento ha aperto e fatto sfogliare le pagine del Vangelo collocato, come di prassi, sopra la bara del Pontefice defunto.

“È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti”. Questo, in sintesi, il ritratto di Papa Francesco, nelle parole pronunciate dal card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, durante l’omelia per i funerali in piazza San Pietro, scandita dagli applausi soprattutto nei riferimenti ai migranti, ai poveri, alla pace.

Il primato dell’evangelizzazione, per il cardinale, è stato la guida del suo pontificato, “misericordia e gioia del Vangelo” le due parole chiave dei dodici anni di Bergoglio sul soglio di Pietro, che “in contrasto con quella che ha definito la cultura dello scarto, ha parlato della cultura dell’incontro e della solidarietà”.

“Il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo pontificato con toni vibranti”, ha affermato Re, citando la Fratelli tutti, il Documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana e la Laudato sì, dove “ha richiamato l’attenzione sui doveri e sulla corresponsabilità nei riguardi della casa comune”.

“Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni”, Bergoglio infine “ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”.

“La guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”, uno dei leit-motiv del pontificato, insieme all’esortazione a “costruire ponti e non muri”. Poi l’invocazione finale: “Caro Papa Francesco, ora ti chiediamo di pregare per noi e che dal cielo tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”.

Il testo integrale dell’omelia del Cardinale Re