Il Papa: «Non abituiamoci alla guerra»

(Foto Sir)

Leone XIV nell’Udienza generale di mercoledì 18 giugno

“Il cuore della Chiesa è straziato per le grida che si levano dai luoghi di guerra, in particolare da Ucraina, dall’Iran, da Israele, da Gaza”. Lo ha detto Leone XIV, che al termine dell’udienza di mercoledì 18 giugno, durante i saluti ai fedeli, ha lanciato un forte appello alla pace.

Parole che richiamano il rischio atomico proveniente in particolare in questi giorni dalla polveriera mediorientale, dove si assiste ad un crescendo di tensioni dopo gli attacchi reciprochi tra Israele e Iran. Ieri pure l’intervento del presidente Usa, Donald Trump che ha posto l’Iran davanti alla scelta immediata di rinunciare al programma nucleare o subire un intervento degli Usa a fianco a Israele che punterebbe a distruggere il regime. Un’epoca di tensioni e squilibri, insomma, con rischi per l’intera umanità. Papa Leone mette in guardia da questa che definisce “una tentazione” dettata dalla logica della forza belligerante che però andrebbe a compromettere il futuro del mondo.

No alla “guerra tra poveri”: la Chiesa è una “casa della misericordia”, “dove i malati e i poveri si radunano e dove il Signore viene per guarire e donare speranza”.

Nella catechesi di oggi, il Papa ha usato questa immagine per parlare di tutte quelle situazioni in cui “ci sentiamo bloccati e in un vicolo cieco”. “A volte ci sembra infatti che sia inutile continuare a sperare; diventiamo rassegnati e non abbiamo più voglia di lottare”, ha spiegato Leone XIV, secondo il quale  “quello che ci paralizza, molte volte, è proprio la delusione. Ci sentiamo scoraggiati e rischiamo di cadere nell’accidia”. Al paralitico,  Gesù “rivolge una domanda che può sembrare superflua: ‘Vuoi guarire?’”. “È invece una domanda necessaria, perché, quando si è bloccati da tanti anni, può venir meno anche la volontà di guarire”, ha osservato il Pontefice:

“A volte preferiamo rimanere nella condizione di malati, costringendo gli altri a prendersi cura di noi. È talvolta anche un pretesto per non decidere cosa fare della nostra vita”.