Genova e Liguria
Don Carzino al convegno Fiom-Cgil sulla siderurgia: «Al primo posto il bene comune»
Mons. Tasca: «Seguiamo con apprensione la vertenza Acciaierie d’Italia»
Martedì 15 luglio al Center Tower Genova Airport Hotel, la Fiom Cgil di Genova ha organizzato il convegno dal titolo “La siderurgia a Genova: quale futuro?”. Il convegno ha voluto portare un contributo di riflessioni e competenze rispetto alla questione “Acciaierie d’Italia”. In particolare, è stata dettagliata la prospettiva della realizzazione di un forno elettrico a Genova. Tale ipotesi è contenuta nel Piano di decarbonizzazione per Taranto, sul tavolo di governo ed enti locali proprio in questi giorni.
Nelle scorse settimane l’Arcivescovo Marco Tasca aveva inviato una nota congiunta con Mons. Guido Marini, vescovo di Tortona, per sottolineare l’importanza, per Genova e Novi Ligure, del mantenimento degli stabilimenti e del lavoro in questi territori.
Mons. Tasca aveva anche parlato telefonicamente con Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, intervenendo sulle prospettive degli stabilimenti siderurgici in Liguria.
Al convegno Fiom Cgil ha preso parte, fra gli altri, don GianPiero Carzino, Direttore dell’Armo, che si è fatto portavoce del saluto dell’Arcivescovo: «Come espresso con chiarezza nel comunicato che insieme con il Vescovo di Tortona, Mons. Guido Marini, abbiamo diffuso lo scorso 7 luglio, la Chiesa è molto vicina e segue con apprensione l’evolversi della situazione in questi stabilimenti. Ogni progetto che – nella compatibilità ambientale – tende a rendere nuovamente stabili le prospettive di tante famiglie è da sostenere».
Don Carzino ha posto l’attenzione non tanto sugli aspetti tecnici, quanto sul lavoro e sul futuro di tante famiglie.
Ecco il testo del suo intervento:
Il mio contributo non vuole entrare negli aspetti tecnici, ma nel quadro più generale dei valori che sono da tener presente quando si prendono decisioni con impatto sul futuro della società. La visione della Comunità cristiana si ispira alla Dottrina Sociale, che pone al centro la persona umana. È quello che diceva Papa Paolo VI alle Nazioni Unite: parliamo a uomini di ogni fede perché riteniamo di avere un messaggio che rispetta la dignità dell’uomo (e della donna diremmo oggi!), valore che deve essere tenuto presente in ogni cultura. Abbiamo in gioco la dignità dei lavoratori e delle loro famiglie, che si aspettano di poter determinare il proprio futuro, dopo decenni di incertezze e delusioni. Abbiamo in gioco il benessere e la salute dei cittadini che abitano nei pressi degli insediamenti industriali.

Abbiamo anche in gioco un futuro di una Nazione che ha una storia di professionalità e ingegno riconosciuto in tutto il mondo, senza andare a scomodare Leonardo da Vinci, basta pensare a Meucci, Marconi, Fermi e Faggin per trovare quattro italiani che hanno cambiato la storia industriale del mondo. E arrivo allora al concetto centrale della Dottrina Sociale, che è il Bene Comune: intendiamoci secondo la Chiesa ci sono diritti inalienabili della persona umana che non possono essere asserviti al bene di molti o della comunità. La salute è uno di questi. Ma a parte quelli, sugli interessi individuali c’è da fare un grande distinguo: quando il bene della comunità è ostacolato da presunti interessi privati bisogna riconoscere che – anche per la Chiesa – deve prevalere il Bene Comune. E per fare un esempio molto concreto, possiamo fare tutta la raccolta differenziata che vogliamo, ma se poi non possiamo costruire da nessuna parte il necessario impianto per il suo trattamento perché tutti sono d’accordo, purché lo si faccia da un’altra parte, ce la teniamo in casa la spazzatura!
Storia Industriale: don Franco Molinari, che è qui presente, e vive negli ambienti operai ormai quasi da 60 anni, mi ha passato una nota che racconta le vicende di cui è stato testimone (di qualcuna sono stato testimone anch’io, come quella di Italimpianti di cui ero cappellano quando è stata smembrata). Sono una serie di chiusure, smembramenti, privatizzazioni, non di realtà decotte, ma di fiori all’occhiello della nostra cultura industriale, come Ansaldo (aveva 20000 dipendenti quando don Franco ha iniziato a seguirla e ora ne conta 2500), le Acciaierie di Campi (che producevano un acciaio ricercato per la sua qualità in tutta Europa), e appunto le Acciaierie di Cornigliano con l’unica produzione di Banda Stagnata in Italia, che non riesce neppure a soddisfare la richiesta del mercato italiano, soprattutto per il settore alimentare d’estate.