La parola
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II lettura di domenica 24 gennaio - Passa la figura di questo mondo

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

Paolo, rispondendo ad alcuni quesiti dei cristiani di Corinto, ha appena parlato del matrimonio, dei doveri coniugali e del celibato o verginità. Questa, secondo l’Apostolo, è preferibile al matrimonio perché lascia la totale disponibilità al servizio di Dio e perché anticipa lo stato definitivo nella vita eterna.
In tale prospettiva ricorda: “il tempo s’è fatto breve”. Quale tempo? Quello intercorrente tra la prima venuta di Cristo nell’Incarnazione e la sua seconda venuta alla fine dei tempi (la cosiddetta “parusia”). Il verbo greco, usato da Paolo per esprimere l’abbreviamento di questo tempo, suggerisce l’immagine della vela che viene raccorciata, ammainata in prossimità del porto. Il tempo della redenzione, che stiamo vivendo, in qualunque momento ne giunga il termine, è comunque breve.
La fine – sia quella personale, sia quella collettiva – può avvenire in qualunque momento, al quale pertanto occorre essere sempre preparati.
Allora é indispensabile rendersi conto della fugacità delle varie esperienze e delle varie situazioni: nulla è definitivo. Occorre vivere già la condizione futura, quanto più possibile. Quindi senza un attaccamento assolutizzante: alla vita coniugale, al dolore, alta gioia, agli affari.
L’Apostolo non intende proscrivere le realtà terrene, sminuirne il valore, ma soltanto ricorda che tutto deve essere usato, tenendo conto dei limiti terreni e in vista dell’eternità: il cristiano deve vivere le esperienze terrene con distacco, “una partecipazione – dice R. Bultmann – con interiore distacco”, in maniera che si eviti ogni sproporzionata valorizzazione di ciò che è effimero a scapito di ciò che è destinato a rimanere eterno.
E per rimarcare il concetto, Paolo paragona questo “tempo breve” della vita terrena ad una “scena” (in cui sono raffigurate realtà che hanno altrove vera consistenza) la quale deve “passare”, deve essere tolta, al calare del sipario. Il comportamento sulla scena ha carattere temporaneo, seppure con responsabile l’impegno di cui si è capaci.
Quindi tutto, nella vita del credente, redento da Cristo e incamminato verso il definitivo incontro con lui, va vissuto nella consapevolezza della provvisorietà e nelle scelte che privilegiano ciò che è destinato ad entrare nell’eterno.

Fonte: Il Cittadino
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