La parola
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II lettura di domenica 31 ottobre - Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Fratelli, [nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti , perché la morte impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso.
La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.

Proseguendo l’esposizione teologica della personalità sacerdotale di Cristo (cfr. seconda lettura delle domeniche precedenti) lo scrittore ispirato fa notare che, mentre nell’A.T. i sacerdoti – i membri della tribù di Levi – erano stati “in gran numero” a motivo dei limiti dell'esistenza umana – “perché la morte impediva loro di durare a lungo” – Cristo invece, essendo risuscitato da morte, “resta per sempre” e quindi, sempre continua il suo sacerdozio.
Il sacerdozio di Cristo non è transitorio, ma eterno, cioè perennemente in atto, ininterrotto: “essendo egli sempre vivo per intercedere” a favore di chi, volendo usufruire della sua mediazione, “si accosta a Dio”.
Non solo intercede, ma ha la potenza di “salvare perfettamente”. E ciò in ragione della sua perfezione personale, giacché egli è “santo, innocente, senza macchia” (tre termini sinonimici; che si sovrappongono, allo scopo di esprimere, appunto, l’assoluta perfezione).
Cristo è stato vicino ai peccatori con la sua infinita misericordia, pur essendo “separato dai peccatori”, da loro infinitamente distante a motivo della sua eccelsa santità.
Ha pure lasciato la terra, il giorno dell’Ascensione – “elevato sopra i cieli” – perché egli non deve continuare ad offrire ogni giorno sacrifici, come i sacerdoti dell' A.T. Infatti questi, dovendo offrire sacrifici “prima per i propri peccati”, essendo essi stessi peccatori “e poi per quelli del popolo”, non potevano presumere di esercitare un sacerdozio perfetto. Cristo invece ha offerto un sacrificio perfetto e pertanto definitivo, poiché, essendo senza peccato, ha potuto devolvere tutta l'efficacia del sacrificio a favore degli uomini, ma, soprattutto, ha compiuto un’offerta suprema, “offrendo se stesso”.
Cioè il sacrificio di Cristo è perfetto, perché egli è, nel contempo, sacerdote perfetto e vittima perfetta. Un sacrificio perfetto, infinitamente perfetto, ha efficacia definitiva: è offerto “una volta per tutte”, non deve essere ripetuto.
Riprendendo i concetti precedenti ,la lettera agli Ebrei ricorda che i sacerdoti dell' A. T. erano stati istituiti, per una durata temporanea, dalla legge mosaica, la quale – seppure, di provenienza divina – lasciava gli uomini “soggetti all’umana debolezza”, mentre il sacerdozio di Cristo è costituito direttamente da Dio, impegnato con “la parola del giuramento”, quindi per sempre, “in eterno”, come già espresso nel già citato salmo messianico: “il Signore ha giurato e non se ne pentirà: tu sei sacerdote in eterno” (Sl 109,4).

Fonte: Il Cittadino
II lettura di domenica 31 ottobre - Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta
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