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Il Vangelo di domenica 21 aprile

IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO B

Il Vangelo di domenica 21 aprile

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10,11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

1 ‑ Il buon Pastore ‑ Gesù ama definirsi come buon pastore di fronte a tutti gli uomini per sottolineare che Lui è il vero capo e la guida dell'umanità, in quanto è il Salvatore ‘che dà la vita per le sue pecore’. Il rapporto che lo lega a noi è dunque essenzialmente un dono di amore totale e supremo, un servizio altissimo di verità e di unità per la salvezza del mondo: ‘Io conosco le mie pecore ‑ E ho altre pecore che non sono di que­sto ovile; anche queste io devo condurre’(Vangelo). In questo quadro non c’è più ombra di supremazia, ma di umile servizio a tutti gli uomini. 

2 ‑ I mercenari - Spiega ancora Gesù, introducendo un’altra figura antitetica al buon pastore: ‘Il mercenario invece, al quale le pecore non appartengono e non gli importa delle pecore, quando vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e disperde’ (Vangelo). Questa è dunque la differenza fondamentale fra Gesù e tutti gli altri dominatori del mondo: questi scappano, Lui resta! Ed è proprio la storia universale che è colma di esempi negativi: le pecore sono state mille volte private della libertà, sfruttate e lasciate indifese quando uno più forte le ha volute conquistare. Talvolta purtroppo anche nella Chiesa alcuni pastori hanno sfruttato le pecore o si sono disinteressati di esse. La lezione comunque riguarda ciascuno: nella misura in cui ognuno è un vero cristiano, sente come Gesù la responsabilità della salvezza di ciascuno e del bene comune. 

3 ‑ Le vere pecore - Esse corrispondono alle cure del buon Pastore perché lo conoscono, lo amano, lo seguono, lo imitano. Le vere pecore assomigliano perfettamente al Pastore. Ecco che cosa dice l’apostolo Giovanni: ‘Carissimi, fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è’ (1 Lettera). Ora, se siamo figli di Dio, e lo siamo realmente, siamo anche fratelli di tutti gli uomini, come lo è stato Cristo: questo significa essere ‘pecore’ di Gesù. 

4 ‑ Tutti pastori - Oggi Cristo guida la sua Chiesa attraverso le cure dei successori degli apostoli: il Papa, i vescovi e i sacerdoti, che lo rappresentano in tutto. In questo ministero comunque anche tutti i laici sono chiamati a collaborare in forza della loro appartenenza all’unico corpo della Chiesa. Utilizzando la stessa immagine di Gesù, possiamo dire che le pecore appartengono a ciascuno, quindi ciascuno è responsabile della vita di tutti gli altri. Agostino sviluppa questo pensiero facendo un parallelo: le vere pecore di Gesù devono già sentirsi nella missione di pastori. È quindi indispensabile formare i cristiani a sentirsi coinvolti in questo ruolo e ad operare in modo competente per contribuire alla vita delle comunità cristiane a fianco dei sacerdoti. Oggi poi c’è una penuria grande di validi e santi sacerdoti, quindi è anche compito urgente di tutti pregare il Padrone della messe perché mandi operai degni alla sua messe. 

5 ‑ Punti concreti - La visione nuova di Chiesa, secondo il Concilio Vaticano II, esige la presenza di tutti i credenti nei diversi ministeri o servizi ecclesiali: la catechesi ai fanciulli, giovani e adulti, l’educazione cristiana e civile, i sacramenti, le opere di carità. Non è sufficiente far parte di qualche gruppo. È giunto il momento in cui, attraverso i ‘gruppi di ascolto’, i cristiani si riuniscano nei caseggiati, anche senza il sacerdote, per ascoltare la Parola di Dio, diventando comunità e famiglia e aiutando i fratelli del caseggiato. Questo trapasso allo stile della primitiva comunità di Gerusalemme è già in atto e costituisce l’impegno prioritario di tutta la pastorale. 

Fonte: Il Cittadino
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