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II lettura di domenica 18 settembre - XXV domenica del Tempo Ordinario

Anno C - Il benessere

II lettura di domenica 18 settembre - XXV domenica del Tempo Ordinario

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo a Timòteo
1 Tm 2,1-8

Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

N el periodo successivo alla prima prigionia in Roma – quindi tra il 65 e il 66 – Paolo scrive la sua prima lettera a Timoteo, l'uomo che ha preposto, in suo subordine, alla responsabilità della Chiesa di Efeso. E' pure la prima delle “lettere pastorali”, così indicate a motivo delle direttive impartite a Timoteo e a Tito.
Il taglio degli scritti tuttavia non è strettamente personale né esclusivamente pastorale, ma – soffermandosi su concetti basilari della vita cristiana – interessa tutta la comunità cristiana. L'Apostolo raccomanda a Timoteo il momento fondamentale della vita comunitaria: la preghiera, la quale, per essere autentica, deve avere respiro universale – “per tutti gli uomini” – senza preclusione di razza o di classe. In particolare la preghiera deve essere fatta “per i re e per tutti quelli che stanno al potere”. Una preghiera tanto più meritoria nel momento in cui assumono atteggiamenti contrari al cristianesimo o addirittura persecutori, come accade in quel momento per iniziativa di Nerone.
Per le autorità occorre pregare innanzitutto affinché governino in maniera da permettere il conseguimento e l'uso equilibrati dei beni terreni, in vista di una convivenza “calma e tranquilla”. Il benessere equamente ripartito infatti è condizione per poter impegnarsi anche meglio nella vita virtuosa, di rapporto con Dio – “con tutta pietà” – e di rispetto verso gli altri – “con dignità” – considerati non come concorrenti da superare, ma come fratelli da aiutare. Da aiutare soprattutto a conseguire la Salvezza, impiegando anche il benessere. E' pertanto imprescindibile l'impegno di tutti nella ricerca di condizioni di vita sufficientemente “tranquilla”, non assillata da problemi materiali, maggiormente dedicata all'ascesi, in cui, d'altra parte, rientrano mortificazione, rinuncia, distacco dai beni terreni, i quali facilmente tendono a schiavizzare l'uomo.
La preghiera destinazione universale è in perfetta sintonia con la volontà salvifica di Dio, il quale “vuole che tutti gli uomini si salvino”, persino i persecutori: a nessuno Dio fa mancare la sua Grazia e il suo richiamo alla Salvezza, onde tutti possano giungere “alla conoscenza della verità”; tuttavia non può non rispettare la libertà dell'uomo, il quale ha il tragico potere di rifiutare la longanimità divina.
La Salvezza è offerta a tutti indistintamente “dall'unico mediatore”: Gesù Cristo. Unico vero mediatore, perché congiunge in sé la natura divina e la natura umana. Unico vero mediatore, perché in grado di offrire se stesso in riscatto, in sostituzione vicaria di tutta l'umanità peccatrice.
La preghiera infine – prescrive Paolo, ricordando la propria autorità di “araldo ed apostolo” – va fatta con atteggiamento esteriore dignitoso – “con le mani alzate” – ma, soprattutto, in condizioni morali e spirituali che, per quanto è possibile alla debolezza umana, conferiscano vera “purezza” all'invocazione.

Fonte: Il Cittadino
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