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Calo demografico: non fa crescere il PIL

L'Istat nel 2017 evidenzia crescita del deficit e del debito

Calo demografico: non fa crescere il PIL

Il consuntivo diffuso nei giorni scorsi dall'Istat per il 2017 evidenzia una crescita del deficit e del debito che supera tutte le previsioni fatte dal governo e confermate ancora nell'autunno scorso e specialmente raffredda tutte le speranze che erano nate  con le indicazioni provvisorie diffuse pochi giorni prima delle ultime elezioni che indicavano un miglioramento di due decimali rispetto alle stime che erano state precedentemente diffuse dall'esecutivo con una valutazione di un deficit che si sarebbe attestato all'1,9 % rispetto al 2,1 %.  Naturalmente trascorsi pochi giorni dall'ultima tornata elettorale, e non essendoci più ragioni politiche per ritardare la diffusione dei dati reali, è emersa ancora una volta una realtà economica peggiore delle stime ufficiali che rischia di mettere in ulteriore difficoltà il nostro paese sul quale continua a pendere da parte delle autorità comunitarie il forte rischio della richiesta di una manovra-bis per correggere la legge di Bilancio del 2018. Bruxelles nel prendere atto dei nuovi dati ha ancora una volta deciso di prendere tempo, rimandando ogni decisione a Maggio, ma inevitabilmente sarà necessaria un'ulteriore correzione di almeno 0,2 punti per compensare il peggioramento del rapporto deficit-PIL. Questo nuovo scenario è stato determinato anche dai costi sostenuti dal governo per il salvataggio delle due Banche Popolari venete  e di MPS che hanno comportato un nuovo esborso per la collettività di oltre 5,2 miliardi di euro a cui deve essere aggiunto un ulteriore importo di circa 1,1 miliardi per altre poste non contabilizzate correttamente senza dimenticare che anche ai fini del calcolo del debito pubblico queste poste hanno un impatto significativo con un aggravio di oltre 11,2 miliardi di euro che portano il rapporto debito-PIl al 131,8 % rendendo anche in questo caso l'Italia sempre più debole nei negoziati  con le autorità di Bruxelles. La Banca d'Italia ha appena pubblicato uno studio intitolato "Il contributo della demografia alla crescita economica: duecento anni di storia italiana" curato da Federico Barbiellini Amidei, Matteo Gomellini e Paolo Piselli che mette in evidenza come in un prossimo futuro gli immigrati non basteranno più per compensare la riduzione delle nascite e rallentare il declino dovuto all'invecchiamento della popolazione e a partire dal 2041 il loro apporto non sarà più sufficiente a sostenere il prodotto interno lordo. Nel nostro paese siamo passati dai 26 milioni di abitanti al momento dell'Unità d'Italia a oltre 60 milioni che scenderanno però nel 2065 a 53,7 milioni con un calo di oltre 7 milioni di persone e per poter sopravvivere la nostra società, in mancanza di una ripresa delle nascite, dovrà adottare un modello economico in cui bisognerà lavorare di più e più a lungo unica soluzione per evitare il declino o almeno ridurne l'impatto. Emerge quindi prepotentemente come sia necessario rivisitare completamente la strategia sociale ed economica per il futuro dal momento che i modelli tecnico economici ci dicono che sarà necessario aumentare la produttività,alzare l'età pensionabile e favorire l'occupazione femminile e i partiti politici promettono invece una riforma della Legge Fornero con finalità esattamente opposte. Si tratta di un compito duro e difficile che dovrebbe essere affrontato da tutte le forze politiche insieme, dimenticando i diversi interessi e contrapposizioni, per mettere basi nuove e sostenibili su cui costruire un futuro solido e sicuro per le famiglie ed i giovani ed al tempo stesso aggiornare l'impianto normativo affinchè non si verifichino abusi e distorsioni che finirebbero per vanificare ancora una volta gli sforzi dei cittadini che si troverebbero di nuovo, dopo ulteriori sacrifici, di fronte ad un futuro pieno di nubi ed incertezze. L'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia ha recentemente stigmatizzato quanto sta accadendo in molti casi di crisi industriali, a partire dalla Embraco e da Italia on Line", dove i licenziamenti degli operai e degli impiegati producono importanti bonus per i manager evidenziando che "Se al centro c'è il dio denaro tutto diventa possibile, soprattutto se la società guarda al mondo del lavoro con indifferenza e non vigila come dovrebbe sull'applicazione di norme e controlli. Esplodono poi le contraddizioni vergognose come il premiare i manager perchè sono bravi a liberarsi dei dipendenti anche quando l'azienda va bene. E' un sistema perverso, antiumano oltre che ingiusto". Oggi molti manager ottengono bonus sulla base di risultati economici immediati senza una visione nel medio e lungo periodo e che quindi inevitabilmente comportano anche drastiche riduzioni del numero dei dipendenti che invece con una visione di ampio respiro potrebbero trovare una ricollocazione all'interno della stessa azienda. La sfida è così impegnativa e essenziale per il futuro del nostro paese che è necessario superare in tempi rapidissimi tutte le difficoltà emerse in questi giorni per la formazione di un nuovo esecutivo ed individuare una soluzione affinchè un governo forte, sostenuto dal maggior numero di forze politiche in modo da poter lavorare senza dover sottostare a continui attacchi e "ricatti" in Parlamento, possa finalmente affrontare in modo determinato ma sereno queste problematiche e proporre ai cittadini quelle soluzioni che non sono più procrastinabili per evitare un declino ormai avviato da tempo.

Fonte: Il Cittadino
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