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Bruxelles, al derby con i populisti

Parte il conto alla rovescia per le prossime elezioni, in un'Europa quanto mai spaccata in due

Bruxelles, al derby con i populisti

Meno 365, meno 364, meno 363… Parte il conto alla rovescia verso le elezioni per il rinnovo del Parlamento Ue, fissate dal 23 al 26 maggio 2019. E a Bruxelles prende avvio una campagna su vasta scala che mostra, tra le righe, due obiettivi: il primo è portare alle urne i cittadini, che tendono a disertare il voto europeo così come quello nazionale o locale; il secondo, far passare il messaggio che l’Unione produce vantaggi concreti per i cittadini, le famiglie e le imprese e quindi vale la pena esprimersi verso quelle forze politiche che all’integrazione politica ci credono veramente.
Sfida politica. “Le prossime elezioni europee saranno senza dubbio una battaglia, non solo tra i partiti tradizionali di destra, sinistra e centro, ma anche tra coloro che credono nei vantaggi di proseguire con la cooperazione e l’integrazione a livello Ue e coloro che vanificherebbero i risultati raggiunti negli ultimi 70 anni”, ha dichiarato il 23 maggio il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani. “Secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro, sebbene il 50% degli europei si sia detto interessato alle elezioni europee, solo uno su tre è a conoscenza della data alla quale si svolgeranno”, ha osservato Tajani. “Entro maggio del prossimo anno, nessuno dovrebbe ignorare la data o le scelte principali da intraprendere per la futura direzione del nostro continente”. Dunque mobilitazione democratica e in guardia dai partiti nazionalisti e dalle semplificazioni populiste.
Dopo il Brexit. Il prossimo anno saranno eletti 705 eurodeputati al posto degli attuali 751 perché verranno meno i seggi oggi occupati dal Regno Unito. Con il voto del prossimo anno, inoltre, gli elettori contribuiranno a indicare il futuro presidente della Commissione Ue. “Nel corso dei prossimi dodici mesi – è l’auspicio formulato a Bruxelles – il dibattito sul futuro dell’Europa coinvolgerà i cittadini a livello nazionale e locale in tutta l’Unione”. Sulle elezioni sono disponibili varie informazioni sul sito ufficiale www.europarl.europa.eu. L’intento, avvicinandosi alle date del voto (ogni Paese può scegliere il giorno in cui votare entro il periodo predeterminato, applicando il sistema elettorale che preferisce), sarà quello di far percepire il valore aggiunto dell’Ue nei territori che la compongono: la ricaduta dei fondi strutturali, gli investimenti per la crescita economica e il lavoro, la promozione dell’agricoltura e la tutela ambientale, la difesa dei consumatori. E, ancora, i progetti in corso e gli esiti prodotti nell’ambito della ricerca, dell’istruzione, della cultura, della difesa… Emergono problemi irrisolti, fra i quali, ad esempio, l’accoglienza dei migranti oppure la lotta congiunta al terrorismo: anche in questi ambiti si vorrebbe far comprendere ai cittadini che un’azione comune è più efficace di quella prodotta dai singoli Paesi membri.
Benefici sì o no? A un anno dalle elezioni, Eurobarometro rende noto l’ultimo sondaggio, commissionato dal Parlamento europeo, realizzato in aprile dando la parola a 27mila cittadini. Secondo la relazione finale, il 60% del campione intervistato “ritiene che l’appartenenza del proprio Paese all’Ue rappresenti un fattore positivo”. Inoltre, più di due terzi degli intervistati “è convinto che il proprio Paese abbia tratto beneficio dall’appartenenza all’Unione” (67%): si tratta del punteggio più alto mai registrato dal 1983. A livello Ue, meno di un terzo degli intervistati invece è già a conoscenza della data delle prossime elezioni. “In generale, la procedura per la nomina dei candidati alla presidenza della Commissione europea da parte dei partiti politici europei, è percepita – si legge nel sondaggio Eurobarometro – come uno sviluppo positivo per la democrazia in Europa”. Quasi la metà degli intervistati “ha dichiarato che questa procedura li incoraggerebbe a partecipare al voto”. Quasi tre quarti dei cittadini desiderano che questa scelta dei candidati alla presidenza della Commissione “sia accompagnata da un vero dibattito sulle tematiche europee e sul futuro dell'Ue”. Ma davvero i cittadini hanno voglia di confrontarsi sull’Europa? E quanto conoscono dell’Ue, delle sue istituzioni, procedure e competenze?
Temi in primo piano. Interrogati su quali temi dovrebbero essere discussi durante le campagne elettorali nell’Ue, quasi la metà degli europei (49%) cita la lotta contro il terrorismo come tema prioritario, seguito da disoccupazione giovanile (48%), immigrazione (45%) nonché economia e crescita (42%). Rimangono grandi differenze da un Paese all’altro. L’euroscetticismo è ormai ampiamente diffuso, ma prevale nei Paesi mediterranei (Italia e Grecia in testa) e in quelli dell’Europa dell’est. Il rischio sarebbe quello di avere un Europarlamento 2019-2024 dominato da chi non crede all’Europa.

Fonte: Sir
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