Genova e Liguria
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Affido familiare, esperienza di generosità da sostenere

A colloquio con Mario Baroni, Consigliere delegato alle Politiche sociali

Affido familiare, esperienza di generosità da sostenere

La Giunta comunale, con una delibera approvata recentemente, ha aumentato il contributo erogato alle famiglie che hanno in affido un minore. Con tale delibera, il contributo mensile passerà dagli attuali 350 euro a 520 per gli affidi di minori dai 4 ai 18 anni e a 550 per chi accoglie nel proprio nucleo familiare minori fino a 3 anni di età. Gli affidi diurni, parziali ed educativi, passano da 120 a 260 euro, proporzionalmente al tempo dedicato al minore.
Abbiamo incontrato Mario Baroni, Consigliere delegato alle Politiche Sociali del Comune di Genova, per parlare del tema dell’affido nella nostra città.

Recentemente il Comune di Genova ha aumentato il contributo per le famiglie che hanno in affido un minore. Quante sono a Genova le famiglie affidatarie e quanti sono i ragazzi inseriti in famiglia?
Attualmente a Genova 260 bambini sono collocati in altrettante famiglie affidatarie; per ciascuno è definito uno specifico progetto, sia per la durata dell’affido, sia per la tipologia di collocazione.
Venendo ai dati, nello specifico 215 bambini fra i 4 e i 18 anni sono in affido residenziale, 27 bambini fra gli 0 e i 3 anni sono in affido residenziale, mentre sono in affido diurno a tempo parziale 15 minori. Da settembre 2020 ad oggi sono state completate circa 12 selezioni di nuove famiglie che aspirano all’affido; per 7 è già iniziato un possibile progetto di affido.
Attualmente ci sono 12 famiglie che stanno compiendo un percorso di conoscenza.
È l’autorità giudiziaria che decide se un minore deve essere affidato, dopo attente e approfondite indagini.
Va rilevato che alcune situazioni particolarmente complesse richiedono necessariamente l’inserimento in strutture, dove i minori sono seguiti continuativamente.

Non tutte le famiglie affidatarie hanno questa disponibilità di tempo, spesso per motivi di lavoro di entrambi i membri della coppia. Il provvedimento del Comune mira dunque a sensibilizzare alla cultura dell’accoglienza e vuole essere un incentivo alle famiglie che stanno facendo questo percorso o vogliono intraprenderlo.

Quali sono i requisiti richiesti affinchè un minore possa essere “affidato” e quali sono i requisiti necessari ad una famiglia affidataria?
L’affido familiare è lo strumento che l’autorità giudiziaria e i servizi privilegiano per sostenere un minore e la sua famiglia di origine mentre attraversano un periodo di difficoltà. Il progetto di affido di minore mira essenzialmente alla recuperabilità della famiglia di origine; per questo, per intraprendere il percorso dell’affido, sono necessari il suo pieno consenso e la sua collaborazione.
Non esistono requisiti specifici perché un bambino possa essere dichiarato “affidabile”: le difficoltà riscontrate nei nuclei familiari fanno sì che si intraprenda un percorso ad hoc per cercare di rispondere ai bisogni specifici del bambino.
Le famiglie aspiranti affidatarie, che devono presentare spontaneamente la disponibilità ai servizi sociali territoriali, effettuano un percorso formativo e conoscitivo specifico. Questo sostegno continua anche una volta che è avviato l’affido, proprio perché spesso ci si trova a gestire situazioni anche gravi, e perché è necessario mantenere il contatto con la famiglia di origine, per favorire il reinserimento del minore.
Il centro di affido familiare organizza due cicli di incontri di formazione all’anno e momenti conoscitivi con colloqui psicosociali e visite domiciliari.
Alle famiglie affidatarie è richiesta in particolare la flessibilità.

Sono trascorsi quasi 40 anni dalla legge che, il 4 maggio 1983, ha regolamentato l’affidamento familiare. Lo scorso 4 maggio è stato realizzato il webinar “Verso la Giornata nazionale dell’affido”, cui ha preso parte anche il Ministro per la Famiglia Elena Bonetti. In questo contesto è stata lanciata la proposta di istituire una Giornata Nazionale dell’Affido familiare. Può essere uno strumento utile per sensibilizzare a questo tema e per far comprendere l’importanza di questo percorso?
Certamente sì. I tecnici e le Associazioni di settore stanno già delineando uno scenario il più possibile ampio e creativo di eventi di sensibilizzazione.
Il Comune di Genova ha fornito, primo in Italia, il parere positivo a tale proposta. Resta da costruire una sensibilizzazione anche sociale fatta di momenti pubblici e di una corretta informazione. Speriamo che la pandemia ci consenta di creare occasioni di diffusione di questa cultura di accoglienza.

Nel marzo 2020 il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha pubblicato gli esiti dell’indagine “Affidamenti familiari e collocamenti in comunità al 31 dicembre 2017″. Da questi dati emerge che sono oltre 27.000 in Italia i minori in condizione di allontanamento dalla famiglia di origine, e di questi, oltre 14.000 sono in affidamento familiare. Desta qualche preoccupazione il numero di minori sotto i 6 anni inseriti in strutture residenziali. Quanto è importante invece che un minore, soprattutto in queste primissime fasi della vita, possa trovare dei punti di riferimento in una famiglia affidataria?
E’ fondamentale; le linee di indirizzo nazionali per l’affidamento familiare lo delineano bene. La figura stabile gioca un ruolo primario dalla nascita: questa figura permette al bambino di raggiungere uno sviluppo sano ed equilibrato, e fatto di relazioni e cure affettive.
Va sottolineato però che spesso le famiglie affidatarie scelgono di accogliere bambini più grandi perché, per vari motivi, non hanno la disponibilità di tempo che un bambino piccolo richiede. Per questo è indispensabile generare delle risorse anche economiche: il Comune di Genova ha deciso di mettere in campo questo stanziamento per sostenere le famiglie che già hanno compiuto una scelta di generosità. La delibera del Comune vuole essere non solo politica ma anche etica e di sensibilizzazione: il percorso della famiglia affidataria è di cuore, di responsabilità e di libertà, perché è finalizzato al rientro del minore nella sua famiglia di origine.

Dopo i tristi fatti di Bibbiano, che hanno smosso e influenzato negativamente l’opinione pubblica, quanto è importante riposizionare il valore dell’affido come strumento di tutela dei minori?
È fondamentale. Nuvole nere hanno coperto tutto quanto di buono viene fatto. È indispensabile non fare di tutta l’erba un fascio. Bibbiano ha rischiato di inficiare tutto il sistema esistente. Voglio invece sottolineare che il Comune di Genova in quanto a numero di affidi è fra i primi in Italia: abbiamo 3.300 bambini minori affidati ai servizi nei vari lotti della città. Si tratta di forme di sostegno indispensabili per prevenire, attraverso l’educazione, il crearsi di situazioni di gravità. L’inclusione è indispensabile, così come i progetti di inserimento.

Come si può intervenire per privilegiare gli affidi familiari dei bambini sotto i sei anni e per arrivare in tempo prima dell’aggravarsi delle problematiche familiari che possono portare all’allontanamento del minore?
La conoscenza preventiva dei nuclei familiari in stato di necessità è determinante. Spetta ai servizi sociali territoriali attivare reti di supporto e interventi socio-sanitari adeguati, cercando così, con le dovute attenzioni, di mantenere il bambino in famiglia.
Inoltre, è fondamentale promuovere l’accoglienza dei bambini piccoli nella comunità sociale attraverso la rete dei servizi. Purtroppo sono ancora poche le famiglie che si rendono disponibili all’accoglienza dei più piccoli. La rete di servizi alla famiglia fa un grande lavoro di prevenzione e di educazione. Bisogna poi lavorare anche sui ragazzi che arrivano al compimento del diciottesimo anno di età: per loro occorrono percorsi formativi ad hoc.

Quale esperienza si appresta a vivere una famiglia che intende percorrere il cammino dell’affido?
E’ un’esperienza faticosa che non si può definire “di volontariato”: è un servizio alla comunità che implica una stretta collaborazione con i servizi sociali e con la famiglia naturale del bambino. In tutto questo, si deve tenere conto che l’affido è essenzialmente temporaneo, e quindi il fine ultimo è quello del ritorno alla famiglia di origine, con un inevitabile distacco da parte dei genitori affidatari.

Ci sono esperienze virtuose che vuole condividere?
Come si suol dire, il buon esempio è tutto! Spesso la famiglia affidataria accoglie non solo il bambino, ma anche i suoi genitori, instaurando con essi un legame costruttivo che continua anche dopo il rientro alla famiglia di origine.
Vi sono altre situazioni in cui un minore resta nel nucleo affidatario fino alla maggiore età e oltre, mantenendo comunque il legame anche con il nucleo originario.
Virtuose, anche se poco numerose, le accoglienze di bambini disabili. Non dimentichiamolo: nello sviluppo del minore la figura genitoriale è fondamentale.

Fonte: Il Cittadino
Affido familiare, esperienza di generosità da sostenere
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