Comunità diocesana
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Don Fully, fidei donum a Cuba, racconta la sua storia in missione

Sostentamento dei sacerdoti, necessario per il loro operato, anche grazie all'8xmille

Don Fully, fidei donum a Cuba, racconta la sua storia in missione

Il sostentamento dei sacerdoti è una delle tre aree di destinazione dei fondi 8xmille stabilite per legge. I sacerdoti – va ricordato – sono spesso i primi motori di opere di carità nelle loro comunità parrocchiali o nelle realtà dove sono chiamati a prestare il proprio servizio pastorale. Il ‘bene distribuito’ spesso non viene conosciuto e non viene raccontato abbastanza, ma sono molte le storie di sacerdoti che con il loro lavoro fanno sì che quotidianamente molte persone e molte comunità stiano bene. Ed è per questo che vanno sostenuti, ed è anche per questo che è importante firmare per l’8xmille.
Tra le tante storie, abbiamo scelto di raccontare quella di Don Francesco Fully Doragrossa, oggi Rettore del Seminario Arcivescovile di Genova, un compito delicato dedicato alla formazione dei futuri sacerdoti, ma che per alcuni anni, in passato, è stato sacerdote ‘fidei donum’ nella missione interdiocesana di Cuba. Lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare quella che è stata la sua esperienza in missione.
Don Fully, per quanti anni è stato a Cuba? Per la sua vita è stato un cambiamento radicale, come lo ha vissuto?
Sono stato sacerdote ‘fidei donum’ a Cuba da ottobre 2012 a novembre 2016; un periodo, per così dire, fortunato della storia di Cuba, con il secondo mandato di Obama, un periodo in cui Cuba pareva aprirsi al mondo con le visite di Papa Francesco e dello stesso Obama, in cui si sono verificate le prime timide aperture e il turismo ha avuto un suo boom; da Cuba ho vissuto l’elezione del Papa giunto ‘dalla fine del mondo’; a Cuba ho vissuto la fine del periodo di Fidel Castro, morto negli stessi giorni precedenti la mia partenza. Per la mia vita sono stati quattro anni intensi, nuovi, in un mondo completamente diverso dal mio, ma che in un certo senso mi riportavano indietro alla mia infanzia; ero tornato a quando ero bambino in cui cui c’era meno ‘realtà virtuale’, ma c’erano più relazioni vere. In questi giorni ho pranziato con i missionari della SMA e a tavola ero vicino a Padre Maccalli; di certo vivere a Cuba non vuol dire affrontare tutte le difficoltà che si vivono in altre terre di missione. Semplicemente, si ritorna all’essenziale. Ricordo il mese di preparazione, che tanto mi servì studiando Aparecida e quindi preparandomi al futuro pontificato di Papa Francesco; quando sentivo storie missionarie di serpenti velenosi arrotolati nelle docce rabbrividivo; sarebbe stato per me insopportabile! Nulla in confronto alla ranetta che saltellava la notte in stanza o salutava al mattino appollaiata sul rubinetto della cucina, o all’orbettino che passeggiava nel sacco a pelo al campo estivo coi ragazzi. Il caldo? Ci si abitua! Il cibo? Riso e fagioli sono consigliati dai migliori dietologi del mondo e non mi fecero altro che stare meglio. Cicloni? C’è un ottimo servizio di allerta meteo! La lingua? Latina, come la nostra! La gente? Calorosa, esattamente come i genovesi! Anche se ammetto che parlare il nostro dialetto mi è un po’ mancato. La famiglia? Molto vicina a me in questa avventura! Ma quello che è stato importante in tutto ciò è la maggior Fiducia in Lui e nel Suo Vangelo. Questo è stato un piccolo, ma costante cambiamento...
In cosa consisteva a Cuba il suo lavoro? Cambia essere sacerdote in Diocesi ed esserlo in missione?
Appena arrivato a Cuba (dopo 45 giorni di adattamento) in una diocesi che è grande come il Piemonte e la Liguria e ha la bellezza di 35 preti di cui la metà straniera, mi affidarono la parrocchia “Nuestra Senora de la Esperanza” che copre un territorio di 25 chilometri con quasi 30.000 abitanti. Una grande chiesa nel paese principale dove non c’era né la canonica né tanto meno un bagno (“La facciamo tutti in questo buco per terra, compreso il vescovo” mi raccontò Mons Arturo Amador Gonzalez, ridendosela di gusto). Un paese più piccolo di sei-settemila abitanti con una bella chiesetta dedicata a Sant’Antonio e poi… una distesa di campi di canna da zucchero! Gli autisti della missione, parlando di Esperanza, ridacchiavano un “pueblo loco”, ma scoprii dopo che erano tutti pregiudizi. Che cosa fa un prete a Cuba? Il prete!
Intanto predica il Vangelo, quello della domenica, portandolo ovunque, specialmente nelle case di Missione, luoghi fisicamente lontani dalla parrocchia e impossibilitati, data la situazione del trasporto, a partecipare alla vita della parrocchia. Alla fine erano 12 case di missione, alcune riaperte, alcune nate in quegli anni; alcune piccole e disperse, altre con comunità anche di cento persone; una delle esperienze più belle è stato predicare nelle case, povere, poverissime, altre più decorose. Proclamazione della Parola, preghiera comunitaria, catechesi e festa. Ogni giorno, una o più comunità e con cadenza settimanale o quindicinale.
Sono tutti elementi che poi ho trovato nella Evangelii Gaudium (24). E poi il sacerdote celebra! Celebra con le comunità i sacramenti, nella grande chiesa madre antica, per quanto possa essere antica una chiesa a Cuba (oltre duecento anni), nelle comunità nella cappella del paese più piccolo. Celebra il Battesimo come porta di entrata nella comunità, celebra l’Eucarestia ‘a poco a poco’ perché ... ancora devono essere battezzati, celebra la Riconciliazione (bellissimo l’Anno della Misercordia!!) e cerca di riconciliare le tante ferite di Cuba, anche quelle della Chiesa cubana.
E poi si occupa della gente, a partire dai poveri; si inizia andando a visitare nelle case gli ammalati, accompagnato sempre dai “visitatori di infermi” laici che poi proseguiranno le visite con più frequenza; si sta insomma in strada, specialmente il mattino; poi le mense dei poveri; sull’esempio della parrocchia di Santo Domingo sono stati fondati due “commedor”, due mense per i più poveri dove ogni giorno si può dare un buon pasto forte e magari dare qualcosa da portarsi per la cena; e infine la visita a situazioni che la comunità ritiene da visitare. A questo privilegio per i poveri ho portato ciò che avevo: l’attenzione ai ragazzi, ai bambini (del resto a Genova sono l’assistente del Movimento Ragazzi!) e anche questa è stata una scelta bella, condivisa, apprezzata. Specie se poi bimbi malati, per i quali è nato il progetto in collaborazione con l’Ospedale Gaslini di Genova. Cosa cambia tra essere preti qua o là? Là c’è una vita più intensa, ma molto più semplice e ordinata. E si vive a contatto giornaliero coi confratelli coi quali si vive insieme e si lavora insieme, almeno ai miei tempi.
Di cosa maggiormente avevano bisogno i suoi parrocchiani? C’è una storia, un episodio, una persona che le sono rimasti impressi?
I cubani han bisogno di qualcuno che stia, sorprendentemente, con loro mentre loro stessi vogliono tutti scappare; a Cuba il bisogno maggiore è la speranza! Mentre dal punto di vista materiale il sufficiente c’era (non è così oggi nel 2023), ma proprio solo il sufficiente, e quindi ogni piccola cosa che viene data in aiuto viene benedetta: una maglietta, una penna, un gessetto per le maestre, un piatto, una confezione di sapone; ogni cosa è accolta come se fosse il regalo più importante. La storia che mi ha molto segnato (anche se sarebbero davvero tante) è quella di Elisai. Durante le visite agli infermi, mi hanno accompagnato da questa bimba, disabile dall’età di pochi mesi, una disabilità grave, viveva in una abitazione pessima, con altri due fratellini piccoli e con una situazione familiare traballante; Elisai era quasi abbandonata nel letto, incapace di parlare, di muoversi; ma stabilimmo una relazione, un contatto fantastico; le parlavo come si parla a una bimba e poi a una preadolescente; lei capiva ogni cosa e si sforzava di parlare con gli occhi; ma le sue grida di gioia in qualche modo si sentivano eccome!
Quando la jeep era ancora lontana dalla sua casa - mi raccontava la mamma - lei già sentiva il motore, capiva che saremmo arrivati a breve e iniziava a sorridere e a comunicare a suo modo, soprattutto con gli occhi; cercavo di passare da lei ogni settimana; vedere la sua gioia all’incontro era la mia gioia; le abbiamo costruito una casa nuova; abbiamo festeggiato i suoi 15 anni ma poi, alcuni anni fa, è mancata perché la sua situazione era chiara; “questi bimbi non vivono molti anni…” Elisai è una delle tante bimbe! E poi come dimenticare Greter, anche lei in Paradiso oramai, ammalata di neuroblastoma.
Quanto amore hanno diffuso attorno a loro queste bimbe, vere sante adesso in Cielo.
Come è stato ‘tornare’ a casa dopo l’esperienza missionaria? Quale bagaglio di esperienza si è portato da Cuba?
Ammetto le difficoltà. Sia chiaro, io amo Genova e a Genova sto bene. Ma la più grossa difficoltà fu sentirmi estraneo a tanti problemi del nostro mondo che a me non paiono problemi, o almeno non più dopo la vita in missione. Anche a scuola, dove rientrai a insegnare alla scuole medie, ammetto che ho trovato il primo anno qualche difficoltà (dopo anni in cui i ragazzi mi aspettavano con gioia e stavano tranquilli a sentire la catechesi) nel trovare alunni per nulla disposti financo ad ascoltare il professore. Ma poi mi sono ripreso prontamente. A Cuba si vivono esperienze di chiesa, che se vent’anni fa mi fu detto “noi siamo altro in Italia, non pensare minimamente di replicare tali cose” oggi forse ci stiamo incamminando verso quella direzione. Una Chiesa che è lei a muoversi e andare; laici che devono assumersi le loro responsabilità senza clericalizzarsi ma sentendo che sono loro, e non il prete, la comunità. Ammetto che avendo vissuto in quelle situazioni, non mi sorprende la nuova redistribuzione del clero.
Tornerebbe in missione? È una esperienza che consiglierebbe ai suoi confratelli?
Naturalmente sì! Don Marino Poggi è partito per la missione a quasi 70 anni! Io la consiglio perché si cambia mentalità, ci si apre a una dimensione completamente diversa, si va più a fondo nel rapporto con Dio, perché occorre affidarsi a Lui, perdere un po’ di certezze finte. Naturalmente oggi le difficoltà sarebbero maggiori, la situazione economica a Cuba è in netto peggioramento, ma è un motivo in più per confidare in Lui.

Fonte: Il Cittadino
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