Padre Nzoli, dal Congo a Pieve Ligure

Il missionario comboniano è in servizio nella Diocesi di Genova da qualche anno

Arrivato in Italia nel 2022, Padre Innocent Nzoli Muhindo, sacerdote comboniano originario della Repubblica Democratica del Congo, è diventato in pochi anni un volto familiare nel levante della Diocesi, in particolare nella parrocchia di Pieve Ligure dove è Aiuto Pastorale dal 2023. Con la sua presenza discreta e gioiosa, ha portato nel cuore della comunità l’energia spirituale e la visione missionaria che contraddistinguono l’opera dei Missionari Comboniani, ai quale appartiene.

Nato nel 1975 in un villaggio della Diocesi di Butembo, nella Repubblica Democratica del Congo (situata nella Provincia del Kivu Nord, nel nord-est del paese), Nzoli spiega: “il mio nome significa-‘sogno avverato’, lo hanno scelto i miei genitori perché volevano darmi un nome che avesse, pur celato, un significato cristiano, in un momento in cui a motivo del regime imperante era proibito dare ai figli nomi cristiani. Il nome ‘Innocent’ lo hanno potuto aggiungere solo nel Battesimo”. Entra nel seminario comboniano a 18 anni, attratto dal carisma di san Daniele Comboni. Diventato sacerdote nel 2010, per i successivi 13 anni anni opera in tre diverse diocesi del Mozambico, dove si dedica alla pastorale parrocchiale.

Nel 2022 è in Italia, a Roma, per un anno sabbatico e per preparare quella che lui chiama “la seconda parte missionaria della mia vita”; dopo 6 mesi è a Genova, e dopo il servizio in Seminario, a Certosa e a Pedemonte, l’approdo a Pieve Ligure: “Dovevo starci solo qualche mese, ma i miei superiori, in accordo con l’Arcivescovo, hanno stabilito che starò qui per altri tre anni”.

Ecco allora la ‘seconda missione della sua vita’: una missione diversa, ma altrettanto stimolante, che lo porta ad essere – pur lontano dalla sua terra d’origine – sacerdote ‘itinerante’, come ama definirsi, “perché il mio compito è innanzitutto portare Gesù al prossimo, è esserci per chi ha bisogno. E poi perché qui a Pieve ci si muove meglio solo a piedi!”.
Il suo ministero e le sue giornate si dividono tra servizio pastorale in parrocchia, con liturgie e catechesi, accompagnamento nella preparazione ai sacramenti, visite alle famiglie e agli ammalati. “E con l’aiuto del Parroco – dice – sto iniziando a imparare anche qualche aspetto burocratico e amministrativo, legato soprattutto ai lavori di ristrutturazione che stiamo portando avanti alla chiesa”.
In un perfetto italiano, imparato da appena due anni, Padre Nzoli si dice contento di questa esperienza di vita e di missione che il Signore gli fa vivere: “L’Italia è missione quanto l’Africa – racconta – qui incontro persone che hanno bisogno di una guida, che hanno sete di Dio e che costruiscono ogni giorno la comunità parrocchiale. La missione si fa insieme, ed è un arricchimento reciproco”.
Con la sua voce calma e il sorriso davvero luminoso, afferma che la Chiesa in Italia è una Chiesa viva, partecipe e fedele: “Non è vero che la gente non viene in Chiesa, non è vero che i praticanti sono pochi – sostiene fermamente – qui in Italia, e oggi in particolare in questa Diocesi, ho trovato persone desiderose di appartenere alla Chiesa, alla comunità parrocchiale, a ricevere i sacramenti: il Vangelo non è un insieme di parole, ma una via da percorrere insieme”.
“Trovo sia importante – continua – sentirsi parte della vita diocesana, viverla, parteciparla, accogliere le indicazioni pastorali che ci offre il Vescovo. Occorre sforzarsi di seguire i piani pastorali e partecipare il più possibile alle iniziative diocesane: ogni mese con un gruppo partecipo al pellegrinaggio del primo sabato del mese alla Guardia e parteciperemo anche agli incontri di formazione dei ‘5 sabati’”.

Un accenno anche alla Lettera Pastorale di Padre Tasca, in particolare sulla fraternità di parrocchie: “Alcuni sacerdoti sono stati chiamati o saranno chiamati a guidare tante parrocchie. Credo sia, oltre che una necessità, anche un arricchimento perché così le forze si uniscono, e le persone davvero possono camminare insieme e raggiungere più obiettivi”. “In Africa – sorride – è più difficile per un sacerdote raggiungere i territori di 10 parrocchie. Qui dal punto di vista logistico non ci possiamo davvero lamentare: le strade e i mezzi che abbiamo a disposizione ci consentono spostamenti che in altri posti del mondo non sono immaginabili!”.
La storia di Padre Nzoli ricorda che la missione non ha confini geografici: esiste ovunque ci sia una persona da ascoltare, una ferita da curare, una speranza da riaccendere. In un’Italia sempre più multiculturale, la presenza di missionari come lui è un invito a guardare al futuro con fiducia, trasformando la diversità in un’opportunità di dialogo e crescita per tutti.