Opinioni e Commenti
L’impegno delle donne per la pace

L’appello di una rete “al femminile” nata dal cammino sinodale
Uno dei frutti del Sinodo è ricaduto anche su un gruppo di donne del Cif che si è aperto ad altre associazioni di donne di fedi diverse, cattoliche e laiche, credenti e non credenti.
Come riuscire ad ascoltarci in modo profondo, con tutto il cuore? Come tenere insieme l’unità e il valore della differenza? Come costruire quel poliedro tanto amato da papa Francesco?
Siamo partite da ciò che, fin dagli inizi della storia, unisce o divide: le parole. Ci sono parole di guerra e parole di pace, parole come pietre che creano il nemico e parole disarmate che uniscono e costruiscono relazioni di fiducia e di rispetto.
Ci siamo chiamate “Parole di pace” (Cif, Udi, Movimento Rinascita Cristiana, Consultori di ispirazione cristiana, Cgil, Cisl, Uil). Ma ora, di fronte alle guerre sempre più feroci e disumane, di fronte ad una cultura che ha sdoganato la guerra, incapace di accogliere gli strumenti politici della mediazione, come dire parole di pace?
Noi donne, portatrici della vita, non abbiamo mai fatto né voluto le guerre ma ne siamo le vittime con i nostri figli e le nostre figlie. Per questo abbiamo l’autorevolezza di alzare la voce.
Lo abbiamo fatto con il convegno “Parole di pace, religioni per la pace” il 3 luglio a Palazzo Doria Spinola, con il patrocinio della Città Metropolitana, dando la parola a Daniela Bignone del Movimento dei Focolari, con una lunga esperienza in Pakistan e Giulia Ceccutti, dell’Associazione italiana “Amici di Neve ShalomWahat al-Salam”.
La sala affollatissima, nonostante il caldo torrido, ha ascoltato Daniela Bignone partecipando con commozione alla rilettura del documento di Abu Dhabi mai così attuale ma anche così poco conosciuto e applicato.
Un documento di grande valore storico: è la prima volta che due autorità di tradizioni religiose di livello internazionale chiedono ai leader del mondo di impegnarsi “per una cultura della tolleranza, della convivenza e della pace e di intervenire, quanto prima possibile, per porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”.
“In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità e li ha chiamati a convivere come fratelli tra loro… Al- Azhar al -Sharif- con tutti i musulmani d’ Oriente e d’ Occidente – insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente ed Occidente – dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”.
Giulia Ceccutti, autrice del coinvolgente libro “Respirare il futuro”. La sfida di Neve ShalomWahat Al-Salam ha portato nella sala esperienze di pace praticabili.
Perché se la pace resta a livello di teoria e di sogno come è possibile la speranza nel futuro? La sfida è questa: è possibile percorrere sentieri di pace! Nonostante tutto, nonostante il 7 ottobre 2023, nonostante le stragi che hanno accompagnato la storia di Israele e della Palestina, nonostante i massacri e le morti per fame di un popolo prigioniero, nonostante tutto, è possibile diffondere e praticare una cultura di pace.
La testimonianza di questo villaggio, nato più di 50 anni fa, a pochi chilometri tra Gerusalemme e Tel Aviv è la dimostrazione concreta che è possibile vivere insieme Palestinesi ed Ebrei, è possibile pregare i propri morti nella tenda del lutto, è possibile continuare ad essere una comunità.
La sfida è dunque educare alla pace.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’appello alla pace che è stato formato da molti dei particpanti al Convegno del 3 luglio.
Perchè le donne?
Noi donne di varie associazioni, di diverse religioni, credenti e non credenti, riunite in questo convegno “Parole di pace – religioni per la pace”, di fronte alla tragedia delle guerre in atto, che sembra non trovino possibilità di mediazione, vorremmo alzare la voce: siamo madri, figlie, sorelle, mogli, compagne, siamo donne non abbiamo mai fatto né voluto guerre ma ne siamo vittime. Per questo abbiamo l’autorevolezza per parlare.
Noi donne rifiutiamo la logica della forza e del potere delle armi, rifiutiamo una egemonia culturale che ha sdoganato la guerra e la legittima come unica risoluzione delle controversie, rifiutiamo una insensata corsa agli armamenti perché la storia ci insegna che produrre armi significa preparare conflitti sempre più feroci e disumani. Mai come oggi si parla di bomba atomica, mai come oggi ci troviamo sull’orlo dell’abisso.
Noi donne, portatrici della vita, vogliamo la pace perché l’umanità abbia un futuro, perché i nostri figli e le nostre figlie possano vivere in un mondo riconciliato. “Una pace disarmata e disarmante” afferma Papa Leone XIV. Si può costruire la pace. A partire da parole di benevolenza e di perdono reciproco, dal riconoscere nel volto dell’altro la comune fragilità umana, dall’accoglienza della diversità che costituisce la ricchezza di una società, “si vis pacem, para pacem”.
Per questo chiediamo al nostro governo (Costituzione art 11) di intervenire con la massima urgenza perché si interrompano le stragi di palestinesi ridotti alla morte per fame e perché si restituiscano gli ostaggi israeliani alle loro famiglie così duramente provate.
Chiediamo ancora al nostro governo di riconoscere lo stato palestinese perché anche questo popolo ha diritto ad “avere un focolare” (papa Leone XIV) e di impegnarsi perché cessino le azioni violente dei coloni israeliani contro le case e le terre dei palestinesi. Chiediamo che si ponga fine alla guerra fratricida sempre più violenta tra Russia e Ucraina, che si trovino le soluzioni per una pace duratura attraverso accordi e negoziati che garantiscano la sicurezza di entrambe le parti.
Noi donne ci impegniamo a sostenere la proposta di percorsi educativi alla pace a partire dalla didattica nelle scuole: nei nostri libri di testo si dà ampio spazio alle azioni di guerra ma non altrettanto alle imprese di pace, agli uomini e alle donne che hanno dedicato la vita alla causa del dialogo.
Nella consapevolezza che la pace è un dono, noi donne ci impegniamo, a partire dalle parole e dai gesti, ad essere testimoni di non violenza e di rispetto perché la pace si costruisce dal basso, da una cultura della fratellanza universale.