Cultura
Sacro&Pop, la mostra diventa “partecipata”
Chi possiede immagini della Madonna dell’olivo può portarle al Museo perchè siano esposte
Concluso l’allestimento della mostra “ufficiale”, aperta al pubblico lo scorso 20 novembre, è iniziato il cammino della mostra partecipata, dove saranno i visitatori a contribuire al progetto con oggetti raffiguranti la Quasi oliva speciosa in campis di Nicolò Barabino, ereditati dai propri cari, acquistati o trovati per caso nei numerosi mercati d’antiquariato e nei negozi specializzati. Saranno questi oggetti, nelle forme più diverse, a dimostrare la tesi della mostra, ossia come un capolavoro dell’arte è diventato anche un’opera “POP” ad altissima diffusione.
È curioso ricordare che l’artista, come hanno rivelato gli studi, non era particolarmente convinto della riuscita del dipinto; in una lettera a Carlotta Popert, la definì “una porcheria”, forse perché la riteneva estranea e distante ai propri canoni artistici, ma pienamente sintonizzata sui sentimenti di chi, a partire da allora, ha continuato ad apprezzarla.
Come è stato raccontato nel catalogo che accompagna la mostra (Sacro & Pop. La Quasi oliva speciosa in campis di Nicolò Barabino, capolavoro della pittura dell’Ottocento, Sagep Editore, Genova 2025, € 15 – in vendita al bookshop del Museo), una delle chiavi del successo della Quasi oliva speciosa è contenuta nel discorso che, nel 1888, ha accompagnato la sua ostensione alla chiesa della Cella.
L’immagine della Vergine, “accollata e tutta chiusa che pare un bottoncino di rose” viene additata come esempio di virtù per le donne cristiane “povere o ricche, figlie o spose”, segno di modestia e di pazienza.
In effetti, la raffigurazione di Maria completamente avvolta in un manto bianco, seduta su un trono di marmo all’interno – sembra – di uno spazio di giardino, con fronde di ulivo e arance (nella prima versione) e magnifici fiori di campo (nella versione per Santa Maria della Cella), era così nuova, originale rispetto ai canoni precedenti che non poteva passare inosservata.
La capacità dell’artista nel creare un’immagine chiara, comprensibile, in grado di colpire lo sguardo e di appagarlo esteticamente ha facilitato la sua immediata diffusione tra la fine del XIX secolo e il primo ventennio del successivo, continuando, anche se in misura minore, fino ad oggi.
La sua straordinaria diffusione deriva dal suo farsi interprete del sentire del proprio tempo, espressione chiara di sentimenti e ideali in cui si riconosce una parte della popolazione, e di un gusto, di un’estetica che rappresenta pienamente la cultura di quegli anni. E’ stata chiamata la “Madonna degli Italiani” a seguito dell’apprezzamento della Regina Margherita di Savoia che l’ha voluta acquistare per la propria camera da letto nella Villa Reale di Monza; questa definizione è anche alla base delle numerose repliche in forme e materiali differenti (cartolina, santino, arazzo da mettere come capoletto, immagine votiva, replica pittorica a carattere artigianale o dilettantesco, medaglia e placca metallica, incisione su carta o su placche in osso).
Non solo: dalle riviste specializzate emerge anche la querelle, giunta in tribunale nel 1903, tra il fotografo Julius Schmidt e i fratelli Alinari per i diritti di riproduzione dell’opera nella versione presentata a Venezia, conclusa poi a favore di questi ultimi.
Conosciuta anche come la Madonna della pace per la biblica presenza dell’ulivo, è con questa motivazione che fu donata alla cappella dell’aeroporto di Linate in una versione a tutto tondo, realizzata nel 1893 in metallo fuso dallo scultore Enrico Pandiani e inserita in una nicchia in legno di gusto neorinascimentale.
Con questo significato è stata dipinta, tra il 1942 e il 1945, da Domenico Chiocchetti, soldato italiano di Moena e prigioniero insieme ad altri compagni sull’isola di Lambholm nelle isole Orcadi: all’interno di una piccola Italian Chapel Chiocchetti ha raffigurato l’immagine della Madonna dell’ulivo di Nicolò Barabino, copiandola dall’immagine votiva che aveva con sé, dono della madre prima della sua partenza per la guerra (si ringrazia per questa comunicazione Mirco e Rosanna Oriati, Parrocchia di Santa Maria della Cella di Sanpierdarena).
Infine, l’olivo inteso come frutto di molte terre italiane, ne ha diffuso l’immagine protettiva dell’olivicoltura in molte parti d’Italia, travalicando i confini liguri (Sardegna, Sicilia, Calabria, Toscana, Emilia, Umbria, Abruzzo): spesso la incontriamo inserita in edicole votive o piccole cappelle o, in particolare, nel Museo dell’olio di Dolianova, presso Cagliari.
INVIATE LE VOSTRE IMMAGINI
Meno note ma altrettanto diffuse sono le immagini che hanno abitato le nostre case e quelle dei nostri cari, queste immagini che vi chiediamo di segnalarci, inviando una fotografia e un pensiero (info@museodiocesanogenova.it) o la storia che le accompagna.
Abbiamo già avviato la costruzione di un video che le raccoglie tutte, e vorremmo continuare per tutta la durata della mostra.
Tutti coloro che ci segnaleranno, nei modi sopra indicati, un’immagine della quasi oliva, avranno poi la possibilità di visitare il museo e la mostra con un ingresso ridotto.
