Il Vangelo di domenica 26 ottobre

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 18,9-14In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

1 ‑ La presunzione ‑ Il brano evangelico è diretto verso coloro che ‘presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri’. I superbi naturalmente si considerano perfetti: si vantano spudoratamente davanti a Dio e puntano l’indice di condanna contro gli altri. Diventa così inevitabile il rifiuto di ogni rapporto con gli altri. Gesù, con la parabola del fariseo e del pubblicano, vuole indicarci la gravità di questo atteggiamento di fondo, che definisce semplicemente: il peccato. Soprattutto quando preghiamo – pensiero di Papa Francesco – dobbiamo sentirci peccatori, ma guardati dalla misericordia di Dio.
2 -‘Non sono come gli altri’ ‑ In effetti, è facile osservare come nella vita concreta la presunzione di essere perfetti sia la causa di tutti i peccati, in quanto si insinua in ogni nostro comportamento: a) con Dio non si ha più nulla da spartire (Dio non esiste più!), b) con se stessi ci si giustifica sempre (e i nostri difetti rimangono per tutta la vita), c) con gli altri è facile trovare sempre un motivo di dissidio, di critica, di scontro (ma non si accetta dagli altri nessuna critica al nostro agire). I dissidi e le guerre cominciano da qui; anche tutte le eresie e gli scismi nella Chiesa hanno avuto origine da questa presunzione di perfezione.
3 – ‘Abbi pieta di me’ ‑ Il Signore accoglie invece la preghiera umile del povero, dell’orfano, della vedova, dell’oppresso e del peccatore pentito. Questa in effetti è la condizione complessiva di ogni uomo vero: si sente povero perché bisognoso di tutto, orfano di un Padre e dello Sposo divino, oppresso dalla mancanza di vera libertà interiore, peccatore perché vittima o incline al male. Ora, non ci vuole molto a capire che, di fronte a Dio, nessuno può sentirsi giusto e perfetto. Chi ha il santo coraggio di vedere i propri difetti o torti in se stesso, e se ne accusa davanti a Dio, avrà senza dubbio la buona volontà di liberarsene e migliorare costantemente.
4 ‑ Il principio-base ‑ Il Vangelo lo enuncia così: ‘Chi si umilia sarà esaltato, chi si esalta sarà umiliato’. Questa è l’unica soluzione per ristabilire la serenità in se stesso e nei rapporti umani, nonché l’equilibrio giusto fra le parti: un’umiltà veramente intelligente e indulgente, che ti fa considerare il torto altrui in rapporto ai tuoi torti e ti restituisce il dovere (più che il diritto) di criticare gli altri perché tu, per primo, accogli i rilievi degli altri.
5 ‑ La situazione ‑ Le dure lezioni, che ci riservano la storia passata e gli avvenimenti del presente, ci costringono ad un severo esame di coscienza. Tutto quanto accade oggi è esattamente il risultato delle nostre azioni o delle nostre omissioni! Eppure, quanti sono coloro che ‘si battono il petto’ per come le cose vanno nella propria città, in patria, nella Chiesa e nel mondo? Al riguardo la catechesi, che la Chiesa offre ai fedeli sulla penitenza e sulla riconciliazione, si concentra su due punti fondamentali: non accusare più gli altri, individuare bene i peccati del nostro tempo. Ecco una preghiera di S. Agostino: ‘O Dio, che non marci con i nostri eserciti, dacci aiuto nella tribolazione, poiché è vana la salvezza nell’uomo. Dacci aiuto! Donalo con quegli interventi che potevano far supporre che tu ci avessi abbandonati. Così soccorrici! Amen’! Possiamo interpretarla così: soccorrici attraverso il male che abbiamo compiuto e le prove stesse della vita che Tu hai permesso.