I lettura di domenica 15 gennaio – II domenica del tempo ordinario

I lettura di domenica 15 gennaio - II domenica del tempo ordinario Anno A - Cristo, sapienza di Dio

Dal libro del profeta Isaìa – (Is 49,3.5-6)

Il Signore mi ha detto:«Mio servo tu sei, Israele,sul quale manifesterò la mia gloria».Ora ha parlato il Signore,che mi ha plasmato suo servo dal seno maternoper ricondurre a lui Giacobbee a lui riunire Israele– poiché ero stato onorato dal Signoree Dio era stato la mia forza– e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servoper restaurare le tribù di Giacobbee ricondurre i superstiti d’Israele.Io ti renderò luce delle nazioni,perché porti la mia salvezzafino all’estremità della terra».

Il brano è costituito dalla seconda di quattro poetiche di tipo profetico, denominate “Carmi del Servo di Jahvé”. Un personaggio – di primo acchito – misterioso, non facilmente identificabile in un individuo dell’epoca, a motivo delle caratteristiche eccezionali della missione affidatagli. Caratteristiche che invece sembrano attagliarsi perfettamente al Messia. “Servo di Jahvé” non è qualifica umiliante, ma titolo d’onore dato a persone che hanno particolari rapporti – di fedeltà o di rappresentanza – con Dio (Abramo, Mosè, Giosuè, Davide, Salomone, ecc.).Mentre nel primo “carme” (Is 42,1-7) sono state presentate la figura e le doti del “Servo di Jahvé”, nella presente pericope si predicono, appunto, le caratteristiche della sua missione.È lo stesso “Servo” che, tramite Isaia, illustra le decisioni divine nei suoi confronti: dovrà “manifestare la gloria” di Dio, cioè il suo intervento straordinario, la sua speciale presenza.Non si tratta di un ruolo improvvisato o casuale, ma voluto, previdentemente preparato, sapientemente predisposto da Dio sin dalle origini: “plasmato suo servo dal seno materno”. Ciò è dovuto sia alla dignità che costui ha e che gli viene riconosciuta – “stimato dal Signore” – sia perché dotato di potenza divina (“Dio era stato la mia forza”).Il “Servo di Jahvé” ha la missione di “ricondurre”, “restaurare” – convertire, far ravvedere, portare a salvezza – non soltanto il Popolo Eletto (“tribù di Giacobbe” e “superstiti di Israele” sono espressioni sinonimiche) , ma anche di recare la verità divina a tutta l’umanità – “essere luce delle nazioni” – allo scopo di non lasciare escluso nessuno dalla salvezza, il cui annuncio e la cui proposta deve giungere “fino all’estremità della terra”. Dunque una missione unica e di portata universale.