Una figlia

Regia di Ivano De Matteo. Interpreti principali: Stefano Accorsi, Ginevra Francesconi, Michela Cescon. Durata 103 minuti.

Roma ai giorni nostri: Sofia è un’adolescente che conduce un’esistenza agiata, tra la scuola, l’equitazione, un ragazzo. La giovane vive con suo padre Pietro, un uomo di cinquant’anni che si è sempre dedicato alla figlia dopo essere rimasto vedovo e solo da qualche tempo ha una nuova compagna, Chiara. Sofia vive però in modo esasperato la presenza di Chiara, ritenendola un’intrusa, finché in un momento inconsulto di rabbia la uccide. Ivano di Matteo, nato nel 1966 a Roma, si è liberamente ispirato al libro di Ciro Noja “Qualunque cosa accada” e ha firmato la sceneggiatura con Valentina Ferlan.

Il film che dopo pochi minuti mostra il gesto folle della ragazza, è poi tutto giocato sulle conseguenze di ciò che è accaduto: da una parte il padre accecato dal dolore e dai sensi di colpa; dall’altra c’è Sofia che, improvvisamente trattata da adulta, si ritrova a vivere nella realtà carceraria. Nel 2008 Pupi Avati aveva girato “Il papà di Giovanna”, incentrato tutto sulla figura di un padre che non smette di amare la figlia che pure aveva ucciso; qui invece De Matteo mette in scena soprattutto “la figlia”, ma contemporaneamente segue i due personaggi attraverso un loro percorso sia psicologico, soprattutto per il padre, sia morale soprattutto per Valentina. In questo senso non si può che ammirare la capacità da parte del regista e da parte di Ginevra Francesconi nella parte di Sofia, di mostrare (perfino nel volto) la trasformazione profonda che avviene nella ragazza man mano che dalla disperazione arriva a prendere coscienza di ciò che ha fatto. Nel film compare anche il momento in cui maschi e femmine del carcere minorile sono insieme durante la Messa e sebbene pochi sono quelli che sembrano seguire le parole del prete, proprio queste diventano realtà per Sofia: infatti, l’opera nonostante tutto non mette in evidenza semplicemente la solitudine, bensì pone in luce il riscatto dopo l’errore anche quello più irreparabile, la possibilità di un cammino di redenzione, e dell’affermazione della vita. Un film dal finale che lascia riflettere lo spettatore sulla relazione tra padri e figli, sul senso dell’ascolto, molto asciutto e nello stesso tempo molto coinvolgente. Sebbene il regista si soffermi anche sulla realtà del carcere minorile fatto di regole dure, di perquisizioni, non oltrepassa il limite del rispetto, ma certamente il film non è però per i più piccoli.