Chiesa e Mondo
Leone XIV alla Fao: la fame, un fallimento collettivo

Il Papa ha visitato questa mattina la sede dell’Organizzazione a Roma, in occasione della Giornata mondiale dell’Alimentazione e gli 80 anni della istituzione. “In un tempo in cui la scienza ha prolungato la speranza di vita, la tecnologia ha avvicinato continenti e la conoscenza ha aperto orizzonti un tempo inimmaginabili, permettere che milioni di esseri umani vivano – e muoiano – vittime della fame è un fallimento collettivo, un’aberrazione etica, una colpa storica”. Le parole di Leone XIV nel suo discorso. Una chiamata all’azione collettiva, quella del Papa, che ha stigmatizzato “una insensibilità imperante, un’economia senz’anima, un modello di sviluppo discutibile e un sistema di distribuzione delle risorse ingiusto e insostenibile”.
In un denso discorso, per metà spagnolo e metà inglese, dinanzi ad una platea di personalità della politica, della società, della cultura, il Pontefice richiama l’attenzione sulle moltitudini che non hanno accesso ad acqua potabile, cibo, cure mediche essenziali, alloggi decenti, istruzione di base o lavori dignitosi. Chiede di “condividere il dolore di coloro che si nutrono solo di disperazione, lacrime e miseria” ed esorta a non dimenticare quanti “sono condannati alla morte e alla sofferenza in Ucraina, Gaza, Haiti, Afghanistan, Mali, Repubblica Centrafricana, Yemen e Sud Sudan”.
“Il mondo non può continuare ad assistere a spettacoli così macabri come quelli in corso in numerose regioni della terra”, la tesi del Papa: “Bisogna porvi fine il prima possibile”, ponendo subito fine “alle guerre che distruggono i campi prima ancora delle città, arrivando persino a scene indegne della condizione umana, dove la vita delle persone, e in particolare quella dei bambini, invece di essere custodita, si spegne mentre questi, ridotti pelle e ossa, vanno alla ricerca di cibo”. ”Nella lotta contro la fame e nella promozione di uno sviluppo integrale, il ruolo della donna si configura come indispensabile, anche se non viene sempre sufficientemente apprezzato”.
Un monito dal forte sapore programmatico: “Non possiamo aspirare a una vita sociale più giusta se non siamo disposti a liberarci dall’apatia che giustifica la fame come fosse una musica di sottofondo alla quale ci siamo abituati, un problema irrisolvibile o semplicemente una responsabilità altrui. Non possiamo chiedere agli altri di agire se noi stessi non rispettiamo i nostri impegni. Con la nostra omissione diventiamo complici della promozione dell’ingiustizia”.
Invece, se siamo disposti a condividere quanto ricevuto, potremo affermare con verità e coraggio che “nessuno è stato lasciato indietro”.
