La parola
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11° domenica Tempo Ordinario - Anno A, Mt 9,36-10,8

Il vangelo: Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, li mandò.

Lo sguardo di Gesù, nel passo proposto al nostro ascolto, si posa sulle folle che lo seguono, ed è uno sguardo che legge una condizione di fatica e di smarrimento, 'stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore': un popolo disperso, quasi schiacciato dalla fatica, un'immagine efficace di tante folle anche del nostro tempo, di tanta umanità dispersa, che sembra inseguire, invano, una pienezza, un riposo vero, che sperimenta la vita come peso, che non ha più maestri ai quali poter guardare.

Il vangelo: Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, li mandò.

Lo sguardo di Gesù, nel passo proposto al nostro ascolto, si posa sulle folle che lo seguono, ed è uno sguardo che legge una condizione di fatica e di smarrimento, 'stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore': un popolo disperso, quasi schiacciato dalla fatica, un'immagine efficace di tante folle anche del nostro tempo, di tanta umanità dispersa, che sembra inseguire, invano, una pienezza, un riposo vero, che sperimenta la vita come peso, che non ha più maestri ai quali poter guardare. Davanti a queste folle, Gesù incarna il volto di un Dio appassionato, che si prende a cuore i suoi figli, un Dio quasi materno, tanto che il verbo in greco, utilizzato dall'evangelista, indica la commozione profonda, inestirpabile delle viscere di una madre per la sua creatura, un amore tenace, che scuote dal profondo e che non si dà pace, di fronte alla sofferenza del figlio: ecco, Dio è così, si mostra così, vulnerabile nell'amore, e tutto il Vangelo può essere letto come narrazione viva di questa tenerezza all'opera, nella persona e nella vita di Cristo. Questa compassione di Gesù diventa parola e gesto, la parola che innanzitutto rivela come Gesù guarda alle folle smarrite di ieri e di oggi: è giunto il tempo della mietitura, c'è una lunga attesa d'Israele e del cuore umano, che raggiunge la sua pienezza, colui che è l'atteso, spesso ignoto, è giunto, è in mezzo al suo popolo. Una messe abbondante attende operai che possano raccogliere il buon grano, e questi operai del Regno possono venire solo da Dio, come Cristo stesso, l'inviato del Padre: la preghiera al signore della messe, perché mandi questi operai, manifesta la totale dipendenza da Dio; la vita della comunità dei discepoli di Cristo è legata, in modo radicale, all'iniziativa del Padre, non è frutto di un'intelligente organizzazione, o di una propaganda, è grazia che investe i cuori e sa chiamare, nello scorrere del tempo, uomini che siano apostoli, testimoni, profeti. Così, infatti, fa e continua a fare Gesù, chiama i dodici, li chiama a stare con lui e comunica loro la capacità di ripetere i suoi gesti di guarigione e di salvezza: nasce così la comunità dei suoi, il nucleo primo della Chiesa. Lo sguardo commosso di Cristo si traduce nella chiamata di questi uomini, primi di un'immensa schiera di apostoli e pastori, mandati nel mondo proprio per incarnare la passione dell'unico Pastore, inviati alle 'pecore perdute' della casa d'Israele, e dopo la Pasqua, a tutte le genti, per proseguire nel tempo gli stessi gesti e lo stesso annuncio di Gesù: 'Predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni'. Cristo sceglie una forma umana, per comunicare la sua opera di salvezza, sceglie questi dodici, ciascuno con il suo nome, la sua personalità, i suoi limiti, per farsi presente, nei villaggi dove non riesce ad arrivare di persona, e questo sarà il metodo permanente dell'azione del Signore risorto, nella storia: attraverso uomini, da lui scelti e chiamati, che continuano a far risuonare le parole di verità e di vita, e continuano a compiere gesti di salvezza. Questo piccolo gruppo, raccolto intorno al maestro, è come il primo anello di un'ininterrotta catena, che, di persona in persona, di generazione in generazione, dilata nel tempo la presenza di Cristo e rende visibile la sua compassione per l'uomo smarrito; così questa pagina di Matteo, letta nel presente della nostra esistenza cristiana, racchiude un duplice appello: per chi è chiamato, in modo singolare, a partecipare della missione e del ministero degli apostoli, l'appello ad essere davvero testimone dell'amore inesauribile di Gesù pastore, e a chiedere allo Spirito la grazia di una progressiva conformazione al Sommo sacerdote, misericordioso e fedele; per tutti i credenti in Cristo, l'appello a pregare il Signore della messe perché non manchino operai del Vangelo, e a riscoprire il dono di questo tesoro, che è il ministero degli apostoli, conservato in vasi di creta. In questi uomini, rivestiti di umana debolezza, si compie, il miracolo di una gratuità che li precede e li supera, essi donano gratuitamente ciò che non possiedono, ciò che non proviene da loro, ma dall'unico pastore.

Il vangelo: Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, li mandò.
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