La parola
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XII Domenica, Mc 4, 35-41

Chi è costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?

Nello stesso giorno in cui ha istruito i suoi discepoli, parlando dalla barca di Pietro, il Maestro prende una iniziativa tutta sua. Verso sera, ordina ai suoi di usare la barca non più come 'pulpito' ma come mezzo di trasporto, e passare 'all'altra riva'.

Chi è costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?

Nello stesso giorno in cui ha istruito i suoi discepoli, parlando dalla barca di Pietro, il Maestro prende una iniziativa tutta sua. Verso sera, ordina ai suoi di usare la barca non più come 'pulpito' ma come mezzo di trasporto, e passare 'all'altra riva'. C'è una forte carica simbolica in questa decisione, gesto che associa a sé i suoi in questo andare oltre, uscire dagli spazi propri del popolo eletto e recarsi verso nuovi orizzonti, andare a parlare a gente che non proviene dall'Alleanza sinaitica, quindi non condivide la stessa legge divina, ed appartiene ad un'altra cultura. Seguendo Gesù, i discepoli capiranno presto che il Seme della Parola, Gesù stesso, significato dal pane moltiplicato, è per tutti, e non intende restare unicamente prerogativa del popolo eletto, bensì il popolo vive la sua elezione speciale da parte di Dio proprio come una missione verso tutti i popoli, una condivisione dell'amore e della Verità di Dio con tutti quelli che vorranno mettersi all'ascolto. La folla viene congedata, e la piccola flotta, la barca in cui Gesù 'viene preso, così com'è' e le altre barche che erano con lui, iniziano ad affrontare la traversata. Così com'è significa probabilmente stanco morto, dopo un bagno di folla e una giornata di predicazione e di guarigione. Lo troveremo infatti che dorme profondamente in un angolo della barca. Ma alla luce dell'esperienza posteriore della prima comunità cristiana, e delle sue riflessioni teologiche, anche alla luce dell'Antico Testamento, probabilmente questo particolare vuol dire anche qualcosa di più profondo. La prima somiglianza la troviamo con il capitolo primo del libro del profeta Giona. Un libretto simpatico e profondo nella sua brevità, quello di Giona, che usa praticamente gli stessi verbi per descrivere una scena simile. Il profeta sale su di una barca, diretto a Tarsis, scende nella stiva e si addormenta profondamente. Si scatena una grande bufera, e viene svegliato dai marinai impauriti, che gli chiedono di pregare il proprio Dio, per non colare a picco e perdere la vita. Succede la stessa cosa a Gesù, dorme profondamente, viene svegliato dai discepoli impauriti che si rivolgono a lui, rimproverandolo di disinteressarsi del fatto che stanno rischiando la vita a causa delle onde, e la barca sta già imbarcando acqua in gran quantità. Non sapremo mai se l'evangelista Marco aveva in mente un velato parallelismo tra le due scene. Sta di fatto che il Vangelo parla del 'segno di Giona' proprio parlando della Passione di Gesù, ossia della sua permanenza 'nel ventre della terra', così come Giona era rimasto tre giorni nel ventre di un grosso cetaceo dopo essere stato buttato in mare, come causa della tempesta, per salvare tutti gli altri componenti dell'equipaggio e della nave. Anche Gesù parlava del seme della Parola, intravedendo che solo il suo sacrificio personale poteva far germogliare tale seme. Anche Gesù è cosciente che come Giona dovrà attraversare le tenebre del male per vincerle, e salvare tutti gli altri. Ma Gesù è altrettanto convinto che 'qui c'è più che Giona', in lui c'è più di Salomone (Mt 12,41). In molti Salmi poi ricorre un'espressione della quale si fanno eco le parole dei discepoli a Gesù: 'Svegliati! Perché dormi?' (salmo 44,34 59,6), al punto che altri testi correggono la prospettiva, parlando di Dio che 'si risveglia come un prode dal suo sonno' (sal 78,65), perché 'veglia, non prende sonno, il Custode di Israele' (sal 121,4). La preghiera disperata del credente che si vede attaccato dal 'vento' e dal 'mare', simbolo di energie che gettano nello scompiglio la nostra vita, riempiendoci di paura, si rivolge verso Dio con queste parole quasi ridicole, come se Dio fosse uno che si disinteressa di noi, o un mortale che ha bisogno di dormire. Il sonno di Dio, dunque, significa qualcosa di diverso. Forse un farsi in disparte, almeno per un attimo, non intromettersi nel nostro faccia a faccia con il male. E' una lezione salutare, che ci da la misura di quanto siamo ancora lontani dalla vera fede, dalla fiducia totale in colui che anche quando dorme è il Custode, colui che ci difende da ogni tipo di male. Da questa lezione i discepoli escono ancora una volta sconfitti. Non sono ancora pronti e forti. Essi non hanno ancora vissuto quella esperienza che li trasformerà, la trasformazione pasquale della Pentecoste, l'invio dello Spirito dal quale si lasciano finalmente vincere, per diventare coraggiosi e franchi annunciatori della parola potente di Dio in Gesù Cristo. Gesù li rimprovera, forse un po' deluso del fatto che non abbiano ancora imparato a far crescere in loro quella fiducia in Lui che è vittoria sulle proprie paure. Gesù si lascia svegliare, e si alza in piedi. Sono i verbi usati dal Vangelo per descrivere la Risurrezione. 'Ogni potere mi è stato dato', dirà loro il Cristo Risorto, ma questo potere sul male non ha mai abbandonato Colui che può comandare al vento e al mare. Gesù non sarà sopraffatto dal male del mondo, ma si consegnerà volontariamente, come Giona che si lascia buttare in mare per salvare gli altri. Gesù vuole però che i discepoli siano pronti e saldi nella fiducia, anche quando sembra che il male trionfi. Questo probabilmente è ciò che devono imparare in questa traversata del lago. Anche quando Dio sembra debole, quando sembra che taccia o dorma, o sia assente, e noi dobbiamo affrontare da soli il male che infuria, è la nostra fede o la nostra paura a vincere? La paura viene chiamata da Gesù, in questo caso, mancanza di fede, una mancanza di fede che falsa le prospettiva, e in definitiva non consente loro nemmeno di conoscere bene con chi hanno a che fare: 'Chi è costui?' Il fatto che Gesù domini sul male e lo faccia tacere, provoca un interrogativo angoscioso, sul quale si chiude questa pagina di Vangelo. La paura rimane, anche quando il pericolo è scampato, una paura che suscita la domanda: 'Ma chi stiamo seguendo? Nelle mani di chi stiamo mettendo la nostra vita?' Noi come i discepoli, dobbiamo rimanere in questa domanda: 'Ci fidiamo veramente di Colui che ha in mano le sorti del mondo?' O pensiamo che il fragore delle onde e dei venti del mondo siano più potenti del Signore Risorto?

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