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Verso il 1° Maggio: la questione dei tempi di lavoro

La settimana lavorativa appare sempre più svincolata da giorni e orari prestabiliti

Verso il 1° Maggio: la questione dei tempi di lavoro

Si va verso un Primo Maggio strano: non è tempo di rivendicazioni, non è tempo di battaglie salariali, non è tempo di numeri o dati. È tempo di… tempo. Perché se le retribuzioni sono quel che sono, e non si possono toccare (non ci sono soldi, troppi oneri da pagare allo Stato, la concorrenza estera…), se il lavoro è sempre più fluido e sempre più lontano dal concetto di “posto”, se il cambiamento del lavoro stesso è radicale e quel che c’è oggi non è detto che continuerà ad esserci già nel breve periodo, allora la questione dei tempi di lavoro diventa cruciale. Anche perché s’interseca con quella della famiglia, della vita al di là del lavoro, di un cambiamento strutturale in cui la professione o il mestiere esercitato non qualificano più la persona (“il medico”, “l’operaio”) ma danno anzitutto i mezzi per vivere.

Allora politica e sindacati s’accorgono che, per la società di oggi, è il tempo la risorsa più preziosa. E in Francia da vent’anni si è stabilito per legge che la settimana lavorativa sia di 35 ore; e in Germania il potente sindacato dei metalmeccanici conclude un accordo che accorcia la settimana a 28 ore lavorative per chi tiene famiglia con figli, stante la disponibilità ad aumentare l’orario in caso di necessità produttive.

In Italia addirittura si teorizza il reddito senza lavoro, i soldi dati dallo Stato a prescindere da un’occupazione, da un tempo lavorativo. Irrealizzabile, ma se alla persona chiedi una flessibilità quasi esistenziale, c’è da aspettarsi che la stessa ad un certo punto richieda in cambio flessibilità almeno temporale.

Le nuove tecnologie e la mobilità di Freccerosse e aerei low cost hanno travolto distanze e modalità di lavoro. Se le mail arrivano 24 ore su 24, se viene richiesta una settimana lavorativa modificabile continuamente in giorni e orari (vedi i lavoratori del commercio), allora c’è d’altro canto bisogno di venire incontro alla gente nei tempi di vita. Sono importanti i risultati, la produttività? Allora il totem non può né deve essere il cartellino da timbrare. Non lo vuole più nessuno, perché non serve più a nessuno.

Seguiranno nei prossimi anni grandi novità, sulla questione tempi del lavoro. Diventeranno accettabili retribuzioni calcolate in centinaia di euro mensili, nel momento in cui non vincoleranno temporalmente in modo esclusivo. Così si potrà trovare una seconda occupazione, o dedicare le ore alla famiglia, ai figli, ai genitori. La strada appare obbligata.

Fonte: Sir
Verso il 1° Maggio: la questione dei tempi di lavoro
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