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Papa Francesco: "Don Tonino Bello, per una Chiesa contempl-attiva"

Visita Pastorale del Papa ad Alessano e Molfetta e sosta alla tomba del Servo di Dio 

Papa Francesco: "Don Tonino Bello, per una Chiesa contempl-attiva"

Ventimila persona si sono raccolte ad Alessano per avvolgere in un abbraccio di fede e di testimonianza Papa Francesco, in visita al Salento. Ricordando le parole di «gratitudine» di don Tonino Bello verso la sua amata terra natale, Papa Francesco si è rivolto idealmente a tutto il Salento: “Grazie, terra mia, piccola e povera, che mi hai fatto nascere povero come te ma che, proprio per questo, mi hai dato la ricchezza incomparabile di capire i poveri e di potermi oggi disporre a servirli”.

Capire i poveri era per lui la vera ricchezza – ha ricordato Papa Francesco – perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa”. “Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda”. “Il Vangelo - eri solito ricordarlo a Natale e a Pasqua - chiama a una vita spesso scomoda, perché chi segue Gesù ama i poveri e gli umili. Così ha fatto il Maestro, così ha proclamato sua Madre, lodando Dio perché ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. “Una Chiesa che ha a cuore i poveri - ha ricordato il Santo Padre- rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo e sente di dover tornare all'essenziale per professare con coerenza che il Signore è l'unico vero bene”.

“Don Tonino ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero”. Con queste parole Papa Francesco ha tracciato il ritratto di don Tonino bello. “Don Tonino sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino a spossessarsi di sé”, ha aggiunto “Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l'indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l'incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità”. “Don Tonino, non stava con le mani in mano», ha fortemente sottolineato il Papa: “Agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia”. “Se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra”, ha ammonito Francesco, ricordando che “la pace si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione». È quello che diceva, “speranzoso”, don Tonino: “Dall'officina, come un giorno dalla bottega di Nazareth, uscirà il verbo di pace che instraderà l'umanità, assetata di giustizia, per nuovi destini”.

“Siete una finestra aperta, da cui osservare tutte le povertà che incombono sulla storia», ma siete soprattutto una finestra di speranza perché il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un'arca di pace accogliente». Papa Francesco così si è rivolto alle comunità del Salento ricordando la definizione che dava della sua amata terra Don Tonino Bello “terra-finestra, perché dal Sud dell'Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, dove i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno”. In questo contesto “è sbocciata la sua vocazione, che amava chiamare evocazione: evocazione di quanto follemente Dio predilige, ad una ad una, le nostre fragili vite; eco della sua voce d'amore che ci parla ogni giorno; chiamata ad andare sempre avanti, a sognare con audacia, a decentrare la propria esistenza per metterla al servizio; invito a fidarsi sempre di Dio, l'unico capace di trasformare la vita in una festa”. “Questa è la vocazione secondo don Tonino”, ha sottolineato Francesco: “Una chiamata a diventare non solo fedeli devoti, ma veri e propri innamorati del Signore, con l'ardore del sogno, lo slancio del dono, l'audacia di non fermarsi alle mezze misure. Perché quando il Signore incendia il cuore, non si può spegnere la speranza. Quando il Signore chiede un ‘sì', non si può rispondere con un ‘forse'. Farà bene, non solo ai giovani, ma a tutti noi, a tutti quelli che cercano il senso della vita, ascoltare e riascoltare le parole di don Tonino”.

“Amiamo il mondo. Vogliamogli bene. Prendiamolo sotto braccio. Usiamogli misericordia. Non opponiamogli sempre di fronte i rigori della legge se non li abbiamo temperati prima con dosi di tenerezza”. “Sono parole che rivelano il desiderio di una Chiesa per il mondo: non mondana, ma per il mondo”, il commento di Francesco. La chiesa che sognava don Tonino Bello era “la Chiesa monda di autoreferenzialità ed estroversa, protesa, non avviluppata dentro di sé; non in attesa di ricevere, ma di prestare pronto soccorso; mai assopita nelle nostalgie del passato, ma accesa d'amore per l'oggi, sull'esempio di Dio, che ha tanto amato il mondo”. “Nell'amore per Lui – per il Signore - troviamo – ha raccomandato Papa Francesco, ricordando la figura di Don Tonino - la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere ‘Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo'.

Questo credente con i piedi per terra e gli occhi al Cielo, e soprattutto con un cuore che collegava Cielo e terra, ha coniato, tra le tante, una parola originale, che tramanda a ciascuno di noi una grande missione”, ha ricordato Francesco ad Alessano: “Gli piaceva dire che noi cristiani ‘dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell'azione', della gente che non separa mai preghiera e azione”. “Caro don Tonino – ha proseguito Papa Francesco- ci hai messo in guardia dall'immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci davanti al tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno. E noi ci potremmo chiedere se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi. Potresti domandarci anche se, una volta partiti, camminiamo; se, come Maria, Donna del cammino, ci alziamo per raggiungere e servire l'uomo, ogni uomo”. “Se ce lo chiedessi, dovremmo provare vergogna per i nostri immobilismi e per le nostre continue giustificazioni», il mea culpa di Francesco: «Ridestaci allora alla nostra alta vocazione; aiutaci ad essere sempre più una Chiesa contempl-attiva, innamorata di Dio e appassionata dell'uomo!”.

“In ogni epoca il Signore mette sul cammino della Chiesa dei testimoni che incarnano il buon annuncio di Pasqua, profeti di speranza per l'avvenire di tutti. Dalla vostra terra Dio ne ha fatto sorgere uno, come dono e profezia per i nostri tempi. E Dio desidera che il suo dono sia accolto, che la sua profezia sia attuata”. Con queste parole Papa Francesco ha omaggiato la figura di Don Tonino Bello. “Non accontentiamoci di annotare bei ricordi - l'invito rivolto a loro -, non lasciamoci imbrigliare da nostalgie passate e neanche da chiacchiere oziose del presente o da paure per il futuro. Imitiamo don Tonino, lasciamoci trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti. È un invito forte rivolto a ciascuno di noi e a noi come Chiesa. Ci aiuterà a spandere oggi la fragrante gioia del Vangelo”.

Fonte: Sir
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