I Magi e la stella
Un libro del genovese Antonio Musarra
Antonio Musarra è un volto amato da tanti lettori e una bussola per chi ama la storia medievale. Con I Magi e la stella edito da Il Mulino ci accompagna tra leggende, simboli e fonti storiche, rendendo viva la storia dei Magi. Lo incontriamo per scoprire il fascino di questo viaggio straordinario.
Nel tuo saggio i Magi seguono la stella: cosa ti ha affascinato di questa guida e quali significati, storici o simbolici, hai scoperto mentre approfondivi la loro storia?
Ciò che mi ha affascinato è che la Stella, più che un fenomeno astronomico, è un linguaggio. Nel corso dei secoli si è tentato di identificarla più volte. Johannes Kepler, ad esempio, ipotizzava che si fosse trattato d’una particolare congiunzione planetaria tra Giove e Saturno, con la seguente aggiunta di Marte, verificatasi tra il 6 e il 7 a.C. Ma v’è stato anche chi, come l’astronomo Giovan Battista Baratta, ha sostenuto trattarsi della cometa di Halley, la stessa raffigurata da Giotto nella cappella degli Scrovegni. Più recentemente, v’è stato chi ha parlato d’una supernova esplosa nella galassia di Andromeda. Altri hanno annunciato, invece, d’aver rintracciato in alcune cronache cinesi la descrizione d’una cometa passata in cielo attorno al 5 a.C. In realtà, ogni tentativo di fissarla nel cielo reale lascia il tempo che trova. Il suo significato è altrove: è il segno dell’apertura ai gentili, cui doveva essere offerta la luce della Rivelazione divina. I Magi sono la «primitia gentium»: i primi “pagani” ad aver riconosciuto il Signore. Nel racconto lucano, l’angelo si presenta ai pastori invitandoli ad adorare il Bambino. In quanto ebrei, essi conoscevano le profezie: potevano ricevere l’annunzio direttamente da Dio attraverso il Suo messaggero. Le «genti», al contrario, necessitavano d’un altro linguaggio: non avevano ricevuto la Rivelazione ma conoscevano la scienza degli astri. Il Messia degli ebrei era stato annunciato dalle Scritture. Ai Magi fu dall’apparire d’un misterioso corpo celeste. Si tratta d’un espediente narrativo sorprendente: la Rivelazione non parla soltanto a chi la aspetta; parla anche a chi, da lontano, la cerca.
Seguire la stella significa anche intraprendere un viaggio: cosa hai imparato, come studioso, seguendo “il percorso” dei Magi attraverso fonti e tradizioni diverse?
Ho imparato che la storia dei Magi non è un corridoio ben illuminato, ma una serie di stanze comunicanti. Da una parte c’è Matteo, con il suo racconto volutamente sobrio; dall’altro, c’è la tradizione esegetica, che ha sentito il bisogno di colmare i silenzi, di arricchire la scena, di farne un racconto non soltanto vero ma riconoscibile. E poi ci sono gli echi veterotestamentari: Daniele, i suoi sogni, la sua sapienza “superiore” a quella dei maghi caldei. Tutto questo contribuisce a plasmare i Magi come una sorta di ponte: uomini d’Oriente che, grazie a un’ispirazione divina, entrano nella storia della salvezza e riconoscono ciò che molti, più vicini, non vedono. Seguendo questo percorso, mi sono convinto che il viaggio dei Magi è il viaggio stesso dell’esegesi: un movimento continuo tra testo, memoria e immaginazione.
Mentre raccoglievi informazioni e documenti, c’è qualche scoperta che ti ha emozionato o che ti ha fatto cambiare idea su quello che sapevi dei Magi?
Mi ha emozionato constatare quanto sia tardo tutto ciò che pensiamo di sapere sui Magi. La regalità, i nomi, il numero tre: nulla di questo è presente in Matteo. Nasce tutto da secoli di riflessione, dal tentativo di leggere gli indizi biblici come prefigurazioni. Eppure, queste aggiunte non indeboliscono il racconto; al contrario, lo spiegano. Mostrano il desiderio delle comunità cristiane di rendere visibile la dimensione universale del Natale: tre doni come simbolo dei tre continenti allora conosciuti, tre figure come rappresentanza delle genti. È la storia di un immaginario che cresce, sedimenta, si trasforma. E questo, da storico, è sempre commovente: vedere come un racconto così essenziale abbia generato una delle più ricche mitopoiesi dell’Occidente.
Guardando ai Magi e al loro viaggio, c’è un insegnamento o una riflessione che senti ancora oggi particolarmente attuale?
I Magi ci ricordano una cosa molto semplice e molto difficile: la verità non si possiede, si accoglie. E richiede un linguaggio che non è sempre il nostro. Per i pastori, Dio parla tramite un angelo; per i Magi, tramite una stella. La rivelazione non è uniforme: è ospitale. C’è un messaggio profondamente attuale in questo: la luce non è mai concessa a un gruppo solo. Anzi, nel racconto evangelico sono proprio gli “altri”, i lontani, a riconoscere per primi ciò che gli esperti della Legge non vedono. È un invito a non temere l’alterità, ma a considerarla una delle vie attraverso cui può giungere ciò che cerchiamo. In fondo, la Stella che seguono i Magi non è che Cristo stesso, il “Sole che sorge” del Benedictus, come leggono i Padri. Una luce che non obbliga: invita.
