Ci ha dato vittoria per mezzo di Gesù Cristo
Ci ha dato vittoria per mezzo di Gesù Cristo VIII Domenica del Tempo Ordinario (anno C)
Fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
“La morte è stata inghiottita nella vittoria.
Dov’è, o morte, la tua vittoria?
Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?”
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
L’ Apostolo conclude la sua trattazione sulla risurrezione di Cristo e dei battezzati – il cui “corpo corruttibile sarà rivestito di incorruttibilità e di immortalità” – con una vera e propria esplosione di gioia, come un peana di trionfo, a compimento delle profezie di Isaia (25,8) e di Osea (13,14), con la citazione delle loro parole, rese quasi sarcastiche: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?”. Perchè la morte, “ultima nemica” (v. 26), sarà definitivamente sconfitta, “ingoiata” da Cristo, non avrà più possibilità di insidiare l’uomo, come uno scorpione – cui parla l’Apocalisse (9,10) o altro animale cui sia stato estirpato “il pungiglione” veneficamente letale.
Il “pungiglione” velenoso che porta alla morte è il peccato; il peccato comporta la morte, perché è trasgressione della legge divina. Ma Cristo ha redento dal peccato, quindi ha liberato dalla morte.
Di qui l’inno d’esultanza e di riconoscenza a Dio, il quale “ci dà la vittoria”, ci fa trionfare sul peccato e sulla morte, non per nostro merito, ma “per mezzo di Gesù Cristo”.
Corrispondente alla gratitudine a Dio, l’invito dell’Apostolo ai credenti, affinché vivano la fede con fermezza – “saldi e irremovibili” – e impegnati – “prodigandovi” – nella costruzione del regno di Dio, “l’opera del Signore”. Nella convinzione che nessuna “fatica” per il Signore può essere inutile, non può andare persa: anzi accrescerà la nostra gloria nella risurrezione.