La parola
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I lettura di domenica 25 giugno

Anno A - XII Domenica del Tempo Ordinario

I lettura di domenica 25 giugno

Dal libro del profeta Geremìa
Ger 20,10-13

Sentivo la calunnia di molti:
«Terrore all'intorno!
Denunciatelo! Sì, lo denunceremo».
Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta:
«Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui,
ci prenderemo la nostra vendetta».
Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso,
per questo i miei persecutori vacilleranno
e non potranno prevalere;
arrossiranno perché non avranno successo,
sarà una vergogna eterna e incancellabile.
Signore degli eserciti, che provi il giusto,
che vedi il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa!
Cantate inni al Signore,
lodate il Signore,
perché ha liberato la vita del povero
dalle mani dei malfattori.

Geremia, dal temperamento spiccatamente sensibile, propenso alla vita pacifica, si trova a vivere invece in un’epoca particolarmente turbolenta, sia politicamente che religiosa mente.

È profeta di Dio, inascoltato. Anzi perseguitato. Gli oracoli di ammonimento, di riprovazione, di annuncio di castighi divini in mancanza di conversione, anziché venire accolti, diventano causa di persecuzione.

I Giudei stanno in agguato, nella speranza che si tradisca, dicendo, senza accorgersene, qualcosa di contrario alla legge, onde poterlo accusare. Persino “tutti gli amici suoi”  sono passati dalla parte dei persecutori, gli tendono tranelli, sperando che si lasci “trarre in inganno”. Lo “spiano” nella speranza di coglierlo in fallo e così vendicarsi.

La paura è diventata addirittura “terrore” che lo assedia. Non sembra lasciargli scampo.

Ma lo soccorre la certezza che Dio è dalla sua parte, anzi vicino, “al suo fianco”, come un amico che lo difenda, “prode valoroso”, dinanzi al quale “i persecutori cadranno e non potranno prevalere”. In definitiva saranno essi gli sconfitti e la loro vergogna non sarà appena momentanea, ma “eterna ed incancellabile”.

Forte di tale convinzione il Profeta “affida la causa” a Dio invocandone il soccorso.

Non chiede di potersi vendicare personalmente, ma domanda a Dio di essere “vindice” della verità, manifestando la sua giustizia.

La fiducia che il Profeta ripone in Dio è talmente salda che invita gli altri credenti a “lodare il Signore” per la liberazione dai persecutori, considerata come già avvenuta.

Gli avvenimenti successivi ne daranno conferma.

Conferma della certezza che la fiducia in Dio non può essere delusa.

Fonte: Il Cittadino
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