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I lettura di domenica 11 dicembre - III domenica di Avvento

Anno A - L'ottimismo della pazienza

I lettura di domenica 11 dicembre - III domenica di Avvento

Dal libro del profeta Isaìa
(Is 35,1 - 6a.8a.10)

Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca;
sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano,
lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore,
la magnificenza del nostro Dio.
Irrobustite le mani fiacche,
rendete salde le ginocchia vacillanti.
Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto.
Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore
e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto.

La pagina fa parte della cosiddetta “Piccola Apocalisse” di Isaia: in essa – dopo essere stato annunciato “il giorno della vendetta” divina, in cui Dio farà giustizia dell'oppressore del suo popolo – viene descritta l'atmosfera gioiosa della liberazione.
Gli oppressori, al momento – il periodo post-esilico babilonese – sono gli Edomiti, che da sud s'infiltrano e schiacciano gli Israeliti. Ma nel vaticinio profetico Edom è simbolo di tutti coloro che avversano i piani di Dio. E allora la gioia promessa da Dio ai suoi fedeli è oggetto di profezia che si proietta nel tempo messianico: infatti si parla di una condizione stabile e perenne, quale sarà possibile soltanto all'epoca della salvezza operata dal Messia, non a livello politico, ma spirituale.
Il profeta, cioè – illuminato da Dio, misteriosamente partecipe della visione divina sul tempo – legge la storia attuale ed immediatamente futura spingendo lo sguardo oltre gli avvenimenti contingenti: dagli avvenimenti politici risale e si richiama all'avvenimento per antonomasia: la Redenzione dell’umanità.
La esultanza per la salvezza attrae persino gli elementi naturali più ostili all'uomo: “il deserto e la terra arida”, i quali – diventati nemici dell'uomo quando con il peccato originale egli ha sconvolto il progetto divino – al momento della salvezza “si rallegrano” con lui. Il rigoglio della steppa é descritto con riferimento di paragone alla grandiosità delle foreste del Libano, alla fioritura variegata della regione del Carmelo e della pianura di Saron, quali simboli e riflessi della “Gloria del Signore”.
All'uomo viene prospettata e sollecitata sicurezza, come per un malato che riacquista sanità: “irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti”. Ma soprattutto è infuso coraggio: Dio dopo aver debellato il nemico, il male, darà “ricompensa” a chi gli è rimasto fedele. E non manderà altri: egli stesso “viene a salvarvi”. Ogni debolezza potrà essere superata, se il suo intervento verrà accolto.
Agli Ebrei della diaspora si annuncia il ritorno senza diffi-coltà, tanto che la “strada appianata la chiameranno «Via Santa»”; soprattutto perché “i riscattati dal Signore” torneranno al suo Tempio, in Sion.
Dalla Gerusalemme terrena l'oracolo profetico s’eleva alla Gerusalemme eterna, tant'è vero che “felicità perenne splenderà sul capo” dei “riscattati dal Signore”, i redenti. “Gioia e felicità”, assenza di “pianto e tristezza” saranno loro condizione.
È una lettura apocalittica della storia: rifulgente di luce soprannaturale.

Fonte: Il Cittadino
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