La parola
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3ª domenica di Quaresima Anno A, Gv 14, 15-16. 23-26

Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna

Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?».
I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Nel bellissimo dialogo tra Gesù e l'anonima donna di Samaria, possiamo leggere, quasi in filigrana, il modo tipico con cui Cristo si avvicina e si rivela agli uomini, dando a loro la possibilità di percepire in pienezza il loro cuore e l'offerta gratuita e sorprendente di una presenza, capace di salvare e di compiere le loro attese più vere e nascoste. Il colloquio, iniziato da Gesù, si svolge intorno all'immagine dell'acqua, chiesta dal maestro per dissetarsi, nel caldo del mezzogiorno, ed è partire da questo bisogno primario, che anche la donna condivide, essendo scesa al pozzo per attingere acqua, che Cristo comincia a suggerire qualcosa di più profondo: un'altra sete che la donna non è in grado di soddisfare.
Nello sviluppo del dialogo si manifesta la condizione della Samaritana: è una donna inquieta, che ha già avuto cinque mariti e ora convive, anche in lei c'è una sete che va oltre l'immediato, c'è la ricerca, disordinata e affannata di qualcosa, di qualcuno che possa colmare il suo desiderio. Sembra che Gesù, colui che, secondo Giovanni, conosce "quello che c'è in ogni uomo" (Gv 2,25), legga il cuore della sua interlocutrice, e parlando di un'acqua viva, misteriosa, capace di saziare per sempre la sete, risvegli il bisogno più radicale di questa donna, e annunci la novità assoluta che solo lui può donare. Per Gesù il bisogno più semplice, rappresentato dalla sete, diventa segno di un bisogno totale e radicale che è il tessuto stesso del cuore umano, e in questo modo egli corregge due atteggiamenti che spesso ritroviamo in noi.
Da una parte c'è, talvolta, soprattutto in chi è già dentro un cammino stabile di fede o in chi vive un ministero nella Chiesa, una sorta di giudizio negativo per il fatto che spesso le persone cercano il Signore e si rivolgono a lui solo quando sono nel bisogno o nella difficoltà; d'altra parte è realmente una posizione limitata e di corto respiro quella di chi si ferma alla semplice risoluzione dei bisogni, magari anche ricorrendo all'aiuto di Dio. In realtà, la discrezione e la saggezza con le quali Gesù entra in rapporto con questa donna, e il salto che le propone dall'acqua del pozzo, all'acqua viva, che le promette, indicano la strada autentica per incontrare gli uomini, che non è ignorare l'urgenza dei bisogni, anche più banali, ma porre la domanda: "Di che cosa hai veramente bisogno per vivere? Sii leale con il tuo cuore e scoprirai che tu hai sempre bisogno, non solo in certi momenti, anzi che tu stesso sei bisogno, sei sete di vita, di felicità, di amore, di bellezza e nulla di ciò che fai, nulla di ciò che sperimenti riesce a rispondere compiutamente all'ampiezza dei desideri che ti costituiscono!". Ma l'acqua di cui parla Gesù, nominata fin dall'inizio come "dono di Dio", a che cosa allude nel linguaggio del quarto vangelo? Certamente racchiude un duplice riferimento, al dono della rivelazione e della parola di Dio, fonte di sapienza e al dono dello Spirito, potenza vivificante e "sorgente d'acqua che zampilla per al vita eterna": ecco l'acqua capace di saziare la sete della donna inquieta, ecco l'acqua che Gesù può dare agli uomini, perché lui stesso è la parola viva e personale del Padre, divenuta volto umano e, nel mistero della sua Pasqua, potrà effondere sui discepoli lo Spirito Santo, soffio di vita nuova.
Pertanto ciò che veramente disseta è l'incontro con Gesù, che prende l'iniziativa d'entrare in rapporto con noi, come con la Samaritana, e sa farsi presente nella vita degli uomini, attraverso segni e testimoni. Nel racconto di Giovanni, in effetti, la donna non attinge l'acqua dal pozzo, sembra quasi dimenticare lo scopo della sua venuta e lascia lì l'anfora, e Gesù stesso, che aveva chiesto da bere, non beve: è un modo molto suggestivo per esprimere come tutto si realizzi nell'incontro. È un incontro dove Gesù, partendo dal bisogno condiviso dell'acqua e dall'esperienza concreta della sete, si rivela progressivamente, fino all'identificazione conclusiva: "Sono io che parlo con te", ed un incontro che mette in movimento la donna, che a sua volta diviene annunciatrice presso i suoi concittadini. In pochi tratti, c'è tutto l'evento cristiano, come scoperta imprevista di una presenza che riempie il cuore e accoglie la sete dell'uomo, e che da subito trasforma il discepolo in testimone.

Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna
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