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In libreria - Rimettersi in gioco con la bellezza

Un libro di Luca Raspi

In libreria - Rimettersi in gioco con la bellezza

Il periodo legato al covid ha destabilizzato gli animi. Ma anche dato modo di dialogare con noi stessi, di entrare più a fondo nel nostro io, di scrutarlo, di rivolgergli molteplici domande. Dove risiede la bellezza, l’amore, tutto quello che la persona umana sente di innato nel cuore?

In contatto più che mai con i media, per ovvie ragioni, assorbendo come spugne notizie negative, per altrettante ovvie ragioni, il periodo di lock down non sempre ha depositato nella mente risposte positive sui principi fondamentali della nostra esistenza. Anzi. Ha sollevato ulteriori “cattivi” pensieri che da soli non sempre è facile “rimuovere” dalla testa.

  1. Ecco che l’aiuto di grandi geni del pensiero può arrivare davvero come una luce nel buio.

Luca Raspi, dottore in psicologia e filosofia genovese, docente Irc, esperto di legislazione scolastica (che insegna all’ISSRL), didattica e filosofia, ha scelto di “illuminare” questo periodo, incentrando i suoi studi sul pensiero di Sant’Agostino. Ne sono un segno evidente del tempo attuale le ultime pubblicazioni “Rileggersi e narrarsi. L’esperienza nelle Confessioni di Sant’Agostino”, pubblicato da Erga Edizioni e “Rimettersi in gioco con la bellezza. In cammino con Sant’Agostino al tempo del Covid-19”, Edizioni San Lorenzo.

Nel primo libro descrive in modo divulgativo il concetto di esperienza, presentando un confronto aperto con il gigante del pensiero cristiano.  Raspi, partendo infatti dalle Confessioni, propone una preziosa occasione di meditazione per tracciare itinerari di vita e prospettive di senso. “Il tema dell’esperienza – spiega Luca Raspi – può essere ripreso proprio con Sant’Agostino, un classico che può offrire spunti per l’uomo contemporaneo quale luogo di rielaborazione dei vissuti, per leggere il proprio percorso di vita e quindi inserire i singoli realia che sono stati costitutivi del proprio cammino come esperienza autentica. Non provare qualcosa dunque, ma rileggere il proprio percorso e rielaborarlo in una narrazione: tanto che se il soggetto pensa al proprio vissuto ma non lo racconta potrebbe restare qualcosa di non problematizzato”.

Nella seconda opera si pone l’accento sulla catena bello-vero-buono-giusto, dalla quale si procede per ipotesi e tesi sin dall’antichità. L’autore fa riferimento ad un uomo che si mette in discussione: la ripartenza potrebbe proprio essere la riscoperta del bello nella quotidianità troppo spesso rimasta sepolta dai propri interessi, allontanandosi dalla bellezza salvifica, per i cristiani il Verbo incarnato. Un'analisi molto utile oggi, visto che stiamo vivendo una storia di passaggio.

“Dalla fine di febbraio 2020, - commenta Raspi - con la diffusione del "corona virus", l'occidente è entrato in un vortice di sofferenza e paura che, in poche settimane, ha fatto crollare le granitiche certezze antropologiche e gnoseologiche che erano diventate il codice genetico del patrimonio culturale dell'uomo contemporaneo. I segni, che questa pandemia ha lasciato, resteranno scolpiti per molto tempo nella memoria delle persone. Fronteggiare la crisi antropologica causata dal covid-19 non sarà semplice, ma occorre iniziare a rimettersi in gioco. Lo stop forzato ha costretto tutti a mettersi davanti allo specchio - prosegue Raspi - interiore per mettersi in gioco nell’essere nel mondo con significato. L’unità tra bello, buono, vero e giusto sono le proprietà che appartengono agli esseri creati. Nel primo capitolo metto in evidenza come ci si sia abituati a vivere di corsa, come le nostre vite siano state così frenetiche da essere costretti a cambiare il modo di rapportarci con la realtà. Siamo passati da un vedere distrattamente a un guardare la realtà.

Il legame bello-vero-buono diventerà la fonte ispiratrice della cultura occidentale. La bellezza è sempre stata concepita in relazione alla trascendenza. Che si tratti di un ordine cosmologico o teologico, il bello rinvia infatti a un assoluto originario, a un mondo trascendente, interpretato da Plotino come casa del Padre o da Agostino come patria celeste, ultima destinazione, meta finale dell’uomo”.

Fonte: Il Cittadino
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