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XVIII domenicaTrasfigurazione, Mc 9, 2-10

Questi è il Figlio mio prediletto

La pagina di Vangelo di questa domenica, festa della Trasfigurazione, si apre con un'annotazione di tempo: 'sei giorni dopo'. Dopo che cosa? Credo sia importante andare a vedere, in quanto ogni dettaglio è significativo nel racconto evangelico. Gesù sei giorni prima aveva detto: Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Chi, infatti, vorrà salvare la sua vita, la perderà; chi, invece, perderà la sua vita per causa mia e del vangelo, la salverà.

Questi è il Figlio mio prediletto

La pagina di Vangelo di questa domenica, festa della Trasfigurazione, si apre con un'annotazione di tempo: 'sei giorni dopo'. Dopo che cosa? Credo sia importante andare a vedere, in quanto ogni dettaglio è significativo nel racconto evangelico. Gesù sei giorni prima aveva detto: Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Chi, infatti, vorrà salvare la sua vita, la perderà; chi, invece, perderà la sua vita per causa mia e del vangelo, la salverà. E concludeva quel breve discorso rimandando alla venuta 'gloriosa' del Figlio dell'Uomo con il Padre suo. San Marco stabilisce un sottile parallelo tra essere salvi e la partecipazione alla gloria futura del Figlio e del Padre, così come d'altra parte viene sottolineato il parallelo tra la condizione di pellegrinaggio di questa vita e il rinnegare se stessi, prendendo la propria croce. Già i Padri della Chiesa vedevano in questi versetti iniziali un'indicazione molto acuta: i sei giorni sono un rimando ai sei giorni della Creazione, nei quali Dio ha creato il mondo e gli esseri viventi, secondo il suo progetto di vita. Aggiungendo il giorno in cui è stato pronunciato il discorso e il giorno in cui Gesù porta i suoi discepoli nuovamente in disparte sul monte, fanno otto giorni. L'ottavo giorno (vedi Luca 9,28 nello stesso brano) è il giorno della nuova creazione - o meglio - è il giorno in cui la creazione intera viene portata a compimento tramite il Figlio, nuovo Adam, creatura che corrisponde pienamente a quel progetto glorioso iniziale di Dio, che pone la sua gloria nell'uomo vivente (san Ireneo). Al brano della Trasfigurazione viene dunque data fin dall'inizio una cornice precisa, quella della creazione divina, dal giardino di Eden alla gloriosa Risurrezione, passando per il monte Golgota. Davanti ai testimoni scelti, ai tre discepoli della prima ora, Gesù toglie il velo che ricopre la sua umanità, svela il progetto che il Padre ha su ogni uomo, modellato ad immagine del Figlio, a somiglianza di Dio stesso. L'evangelista Marco privilegia il particolare delle vesti, omettendo quello del volto luminoso di Gesù, riportato invece da Matteo e Luca, concentrandosi sullo splendore bianchissimo delle vesti. Dire che 'nessun lavandaio della terra avrebbe potuto renderle così bianche', equivale a dire che quanto vedono i discepoli non può assolutamente essere qualcosa che è alla portata degli uomini. Si tratta di uno splendore di un bianco che non può appartenere agli uomini che restano ancorati unicamente alla terra. Un tale splendore non può essere prodotto e raggiunto con lo sforzo umano, ma è segno che l'umano e il terreno che è in noi si è ormai unito definitivamente e indissolubilmente al divino che ci abita, anche quando ce ne dimentichiamo o non lo sappiamo. La veste è segno della personalità intera, della dignità umana. Quando ripetiamo il noto proverbio 'l'abito non fa il monaco' intendiamo sottolineare il pericolo dell'esteriorità, la falsità di chi indossa un abito esternamente ma internamente non corrisponde con tutto il proprio essere a ciò che indossa. E' il caso di un militare che passa informazioni al nemico o diserta, il caso di un medico per il quale il camice è un segno esterno che consente di percepire un salario e non una missione per il bene psico-fisico di ogni fratello o sorella ammalata, il giudice che mette una toga unicamente per proteggere i potenti e angariare chi non può permettersi troppi ricorsi, il prete che mette orari e parcelle alla propria dedizione che dovrebbe essere a 360 gradi, la suora religiosa che preferisce indossare un abito per avere vitto e alloggio assicurati, auto esentandosi dalla pena di guadagnarsi il pane ogni giorno a fatica, rifugiandosi in un comodo tran tran che non scomodi troppo. Ma quando l'interno corrisponde all'esterno, allora l'abito fa il monaco, nel senso che anche esternamente risplende quella luce bianchissima che è la nostra dignità battesimale, nella quale siamo stati immersi per i meriti di Cristo. Anche esternamente risplende la luce splendida di una vita coerente, tutta intera per la verità, una vita dalla quale traspare la luce della carità, la tonalità di un bianco che contiene tutti gli altri colori e sfumature della vita. La vita risorta è la vita piena, equilibrata, completa. Tutti vi siamo destinati, nel senso di 'indirizzati': tutti abbiamo cioè come destino, come meta finale, il raggiungimento della perfezione con la quale Dio Padre ci ha pensati e creati, modellandoci sul suo Figlio Gesù. La Trasfigurazione è una pagina centrale ed essenziale della rivelazione cristiana. E' la rivelazione che sta al cuore di tutti e tre i nostri Vangeli sinottici, per mettere al centro della vita terrena di Gesù l'immagine splendente dell'Uomo-Dio, di ogni uomo chiamato ad essere figlio di Dio in Cristo. Non solo, ma la presenza di Mosè ed Elia, il legislatore e profeta della liberazione dall'Egitto, e il profeta del Carmelo che ha fortemente sottolineato la radicalità della risposta all'alleanza offerta da Dio sul monte Choreb-Sinai, indicano che la rivelazione del mistero di ogni uomo è la rivelazione del mistero del popolo di chiamati, è al centro di tutta la rivelazione biblica, di tutta la storia della salvezza. La profezia fatta di norme e leggi, quella fatta di gesti di guarigione e di dimostrazione della provvidenza di Dio, anche nel deserto e nella carestia che significa l'esclusione di Dio dalla nostra vita terrena, tutta la profezia ribadisce che siamo chiamati ad essere luce, a trasfigurare le nostre vesti, ossia le nostre esistenze, in questo ascolto orante della parola del Padre, suo Figlio Gesù Cristo. E' lui che il Padre ci invita ad ascoltare, leggendo, meditando e pregando la sua parola (versetto 7). Ma come è vero di ogni pagina biblica, la rivelazione del mistero che è al cuore di ogni creatura umana è anche rivelazione del mistero di Dio stesso. La pagina della Trasfigurazione ci consegna una delle parole più belle sull'esistenza trinitaria del nostro Dio, unico nella sostanza, ma trino nelle persone: la Nube, la Voce e il Figlio. Dio è Nube che mentre oscura, riparando dal sole bruciante, offre la promessa di fecondità della pioggia, come intravisto da Elia sul Carmelo, guardando verso il mare. E' lo Spirito che ha 'gettato la sua ombra' divina e feconda su Maria, aprendola alla vita divina. Dio è il Figlio nato da questa azione fecondante, è il primogenito della creazione, parola da ascoltare. E infine Dio è padre, che ci dona un tale 'fratello' come Gesù, grazie alla sua bontà e misericordia infinite. In Lui Egli ci ha detto tutto quanto potevamo e dovevamo sapere per vivere in modo da riflettere la luce che portiamo dentro.

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