La parola
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I lettura di domenica 17 settembre

XXIV domenica del Tempo ordinario - Anno A

I lettura di domenica 17 settembre

Dal libro del Siràcide

Sir 27,33 – 28,9 (NV)

Rancore e ira sono cose orribili,
e il peccatore le porta dentro.

Chi si vendica subirà la vendetta del Signore,
il quale tiene sempre presenti i suoi peccati.
Perdona l’offesa al tuo prossimo
e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.
Un uomo che resta in collera verso un altro uomo,
come può chiedere la guarigione al Signore?
Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile,
come può supplicare per i propri peccati?
Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore,
come può ottenere il perdono di Dio?
Chi espierà per i suoi peccati?
Ricòrdati della fine e smetti di odiare,
della dissoluzione e della morte e resta fedele
ai comandamenti.
Ricorda i precetti e non odiare il prossimo,
l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui.

Un certo Gesù, figlio di Eleazaro, figlio di Sirac (da cui la denominazione “Siracide”), maestro di sapienza, verso il 180 a.C. scrive le sue riflessioni su vari temi attinenti alla vita umana. Sono pensieri, consigli, moniti di un filosofo credente in Dio, il quale lo assiste con la sua ispirazione, affinché non induca in errore i lettori.
Il presente passo è introdotto da una principio incontestabile: “rancore ed ira sono un abominio”, cioè sentimenti sempre riprovevoli, esecrabili. Si possono comprendere, ma non approvare: chi li mantiene deliberatamente è “ peccatore”.
Frutto del rancore e dell’ira è la vendetta. Chi si lascia andare alla vendetta riceverà la contropartita da Dio, il quale “terrà sempre presenti i peccati” del vendicatore.
Solo il nostro perdono donato al prossimo costituisce condizione affinché Dio perdoni i nostri peccati. In ragione della giustizia: Dio sarebbe ingiusto a perdonare il peccatore che invece non vuol perdonare un suo simile, magari meno peccatore di lui.
Occorre avere sempre in mente la morte, cui corrisponderà il giudizio che Dio darà del comportamento umano in riferimento alla sua legge. Un pensiero che certamente aiuta a “non aver rancore verso il prossimo”, ma ricordarsi “dell’Alleanza con l’Altissimo”, in forza della quale egli giudica con misericordia chi non “tiene conto dell’offesa ricevuta” dal fratello

Fonte: Il Cittadino
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