La parola
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4a Domenica di Pasqua (anno C), Gv, 10, 27-30

Alle mie pecore io do la vita eterna

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

La quarta domenica del tempo pasquale è segnata dalla figura di Gesù pastore, a partire dall'allegoria proposta da Giovanni nel capitolo 10° del suo vangelo: si tratta di una parola che racchiude una verità essenziale che riguarda, allo stesso tempo, il mistero di Cristo e della comunità dei suoi discepoli. Nel breve passo proposto al nostro ascolto, ritorna con frequenza il linguaggio che indica un legame ed un'appartenenza, in quanto Gesù parla delle sue pecore, che ascoltano la sua voce e lo seguono, promette che nessuno potrà strapparle dalla sua mano e dalla mano del Padre, e allude ad un'unione piena tra lui e il Padre. Parlare di legami e d'appartenenza è parlare di un'esperienza decisiva nella vita degli uomini, perché nessun uomo vive e può concepirsi da solo, in totale autonomia, come individuo slegato da tutto e da tutti. In realtà questa è un'utopia che non tiene conto della trama inevitabile di rapporti, di relazioni e di dipendenze che caratterizzano l'esistenza di ogni persona, fin da quando è concepita e inizia il suo cammino nel mondo. Appartenere solo a se stessi, rispondere solo a se stessi è un sogno irreale, che conduce a vivere dipendenze ancora più profonde, magari inconsapevoli e sottili, e che lascia l'individuo in preda alle pressioni dell'ambiente, della mentalità dominante e del potere, nelle sue varie forme, oggi sempre più invasive e penetranti. L'alternativa non è dunque tra indipendenza e appartenenza, tra vivere dei legami o essere sciolti e liberi di fluttuare, ma tra un'appartenenza riconosciuta e accolta, che ci renda veramente liberi, e l'essere condizionati da tanti legami, spesso nascosti, che ci impediscono l'autentica esperienza della libertà. Nell'allegoria utilizzata da Giovanni, le pecore inevitabilmente seguono qualcuno, e tutto dipende dal volto di colui che guida le pecore: se è un mercenario, che gli importa delle pecore, egli fuggirà davanti ai lupi, non metterà a repentaglio la propria vita; se, invece, è il pastore a cui appartengono le pecore, tanto che le conosce per nome e gli sono care, questi è pronto anche a dare la vita per il suo gregge, pur di salvarlo dai lupi. Anzi, le pecore sono disponibili a seguire con fiducia il pastore, perché ne riconoscono la voce, mentre con più difficoltà seguiranno un estraneo; d'altra parte, il pastore vive una relazione di conoscenza e d'amore con le sue pecore, e vuole condurle ai pascoli della vita. Ritorna così, di nuovo, la vera alternativa che decide dell'esistenza di ogni uomo: se siamo leali e semplici di cuore, riconosciamo una sorta di sintonia tra la proposta del Vangelo e l'attesa del cuore, e seguendo Cristo, anche attraverso il volto di chi è autentico pastore nella nostra vita, possiamo crescere in una conoscenza amorosa del Signore e possiamo vivere la libertà di aderire al Maestro che ci svela la verità piena del nostro destino; tutte le volte, invece, che si offusca la limpidezza del cuore, e nella confusione, inseguendo magari il sogno dell'autonomia, finiamo per seguire mercenari e falsi maestri, estranei alla nostra umanità autentica, prima o poi, ci ritroviamo dispersi sulle strade della vita, o diveniamo preda dei "lupi" che lasciano ferite profonde in noi. Così le parole di Gesù sul rapporto che intercorre tra il pastore e le sue pecore, esprimono, in modo affascinante, il legame unico ed esclusivo che accade tra Cristo e i discepoli che credono in lui e che diventano i "suoi": proprio riconoscendo un'eccezionale corrispondenza tra l'annuncio di Gesù e il cuore dell'uomo, i credenti desiderano seguire l'unico Pastore che ha cura piena di loro, e che nel legame con lui, li porta alla vita ed alla libertà. Ascolto, conoscenza e sequela sono i tre atteggiamenti che riassumono il movimento dell'esistenza cristiana, e che permettono, fin da ora, di partecipare alla "vita eterna", alla vita vera e consistente che il Padre ci offre nel suo Figlio, pastore divenuto agnello innocente, immolato per noi: siamo chiamati ad ascoltare, nella parola del Vangelo, una voce familiare ed inconfondibile, ed a crescere in un rapporto di conoscenza con Cristo, una conoscenza che genera affezione e certezza; un ascolto ed una conoscenza che si realizzano come sequela, ripercorrendo lo stesso cammino del pastore che, attraverso il dono di sé, riceve dal Padre la pienezza della "vita eterna".

Alle mie pecore io do la vita eterna
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