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Un PNRR di Riconciliazione e Relazione

Tutto è collegato, e le piccole azioni individuali si riverberano su tutto e tutti

Il tragico momento che stiamo attraversando, espressione di una umanità tradita con una guerra tanto cruenta quanto inimmaginabile, senza dimenticare altre diffuse realtà di conflitto meno attenzionate, distoglie le nostre preoccupazioni dall’onda lunga della pandemia che peraltro invita a non rallentare la vigilanza nel momento in cui ci viene concessa un po’ più di libertà. Momento delicato ma opportuno per ritrovarci, ricominciare, ripartire.

Ai primi segni di sofferenza da lockdown si è cominciato ad invocare il ritorno alla normalità: si è commesso un grande errore! Non si è capito che la pandemia stava provocando una serie di cambiamenti, di mutazioni che richiedevano un surplus di riflessione per guardare con occhi nuovi il futuro e che proprio la “normalità” di prima era il vero problema. Quella “normalità” era immersa in una società ingiusta in cui le diseguaglianze erano già presenti e le reiterate proposte di sviluppo già arenate, anche perché prive di una visione globale - “tutto è in relazione” - che orientasse davvero ad uno sviluppo umano integrale. Oggi, in questi giorni, le cose si sono ulteriormente complicate, sono peggiorate. All’orizzonte, tempi difficili.

Non abbiamo saputo leggere la normalità di prima. Adesso, a quale normalità aspiriamo? Il peso economico della pandemia è stato caricato delle attese di una ripresa sostenuta da ingenti risorse. Parlare di PNRR è cosa quotidiana, diffusa. Ma sappiamo leggere il presente per capire che non sarà sufficiente il ricorso alla ripresa economica se non si riempiono di contenuti sociali, culturali, morali le proposte e le risposte? Tutti parlano di resilienza, è di moda da qualche tempo anche se forse ai più sfugge il suo completo significato. D’accordo, capacità di reagire, ripartiamo! Ma tutti gli investimenti previsti riusciranno da soli a creare una nuova normalità, a costruire un futuro rosa per tutti?

Sono convinto che la pandemia ha segnato tutti; tutti hanno patito qualcosa. Ma qualcosa l’avremo pur imparata, avremo ben capito che per affrontare il ben noto cambiamento d’epoca non dobbiamo solo genericamente sperare che cambi qualcosa o che intervenga una bacchetta magica che riesca a trasformare le tenebre in luce, a sistemare l’umano convivere in modo che ognuno possa star sereno e chi si possa guardare ad un futuro per tutti. Proprio facendo tesoro del periodo buio dobbiamo essere capaci di pensare e di capire che tutto dipende da noi. Ogni nostro singolo comportamento ha influito sulla normalità di prima e può orientare, determinare quella di oggi e domani. Il cambiamento dipende da noi! Nasce quindi l’idea di affiancare a quello già in atto un altro PNRR: un Piano Nazionale di Riconciliazione e Relazione!

Riconciliazione con sé stessi. Capacità di riconoscersi non individui in balia degli eventi e dell’aiuto di qualcuno ma persone che si riconoscono vive e partecipi in un contesto sociale comune. Riconoscere i propri limiti, capacità e responsabilità perché tutti e ciascuno abbiamo qualcosa da dare, da mettere in comune e non siamo solo spettatori in attesa di uno spettacolo gestito da altri. Riconciliarsi con l’altro, con gli altri. Non solo perché nessun uomo è un’isola ma perché siamo legati gli uni agli altri; perché da soli non si va da nessuna parte; perché il nostro desiderio di essere in pace (quella vera) non può prescindere da quello degli altri che dobbiamo considerare come risorse e non come antagonisti. Perché apparteniamo ad una città (e ad un paese) che ci chiede di partecipare a quella tenuta sociale che sola può garantire futuro e sviluppo umano sostenibile.

Riconciliarsi con la realtà. Accettare il presente ma non subirlo, facendo leva sulle nostre capacità, conoscenze, competenze senza rifugiarsi nel “questo non mi riguarda”. Una realtà di persone e situazioni che rimandano all’altra componente del piano: le relazioni. La città può essere riqualificata e rigenerata solo se a tutti i livelli saremo capaci di ascoltarci, di dialogare, di scegliere insieme le vie del futuro: cittadini e decisori, giovani e adulti, benestanti o precari… Relazioni familiari, tra istituzioni e cittadini, tra comunità, tra associazioni ed enti che insieme formino alleanze per promuovere crescita culturale, di senso, di appartenenza per sottrarre il nostro vivere all’individualismo, a parzialità e indifferenze, alle trappole della povertà. Relazioni capaci di generare cultura, ricerca, innovazione, occasioni di lavoro, riqualificazione ambientale ma soprattutto vera socialità. Relazioni davvero “resilienti” e non semplicemente “rendicontanti”. Relazioni di amicizia sociale, impegno a “prendersi cura” che compete innanzitutto ai credenti in ragione della missione alla fraternità universale che passa dalla fede ed accende la speranza per gli uomini e le donne che Dio, Padre di tutti, ama.

*Direttore Fondazione Auxilium

Fonte: Il Cittadino
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