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Pnrr e ritardi italiani

L'Europa solleva i primi dubbi sulla reale capacità di spendere le risorse disponibili

L a Commissione europea in occasione della presentazione delle misure del "Pacchetto d'autunno" ha confermato l'approvazione senza rilievi del Dpb (il Documento programmatico di bilancio) presentato dal governo italiano con la nuova manovra di bilancio ma contemporaneamente la struttura tecnica di Bruxelles ha lanciato l'ennesimo allarme sulla spesa corrente ed il debito pubblico del nostro paese inserendo nella nota di accompagnamento i suoi rilievi in cui evidenzia le nostre debolezze sottolineando che "L'impatto dell'aumento della spesa pubblica sulla posizione fiscale dell'Italia ammonta all'1,5 % del Pil.L'Italia ha un elevato debito pubblico e ha ricevuto raccomandazioni per limitare la crescita della spesa pubblica e usare il Pnrr per finanziare gli investimenti aggiunti per la ripresa perseguendo allo stesso tempo una politica fiscale prudente".

L'allarme lanciato dai tecnici dell'Ue, che si teme abbia anche il sostegno politico di molti paesi che per ora hanno preferito non esporsi politicamente, è incentrato sui dubbi relativi alla reale capacità dell'Italia di portare avanti nel primo semestre del 2022 i tanti impegni assunti dal nostro Parlamento che hanno scadenze molto ravvicinate: l'approvazione entro marzo di almeno una parte consistente della riforma fiscale, entro giugno della presentazione della legge sulla concorrenza e l'approvazione della legge delega sul pubblico impiego e della legge sulla prevenzione sanitaria ed infine entro la stessa data l'adozione con decreto del provvedimento sul dissesto idrogeologico.

Le stesse perplessità vengono ribadite anche sul piano della capacità di cominciare concretamente a realizzare le infrastrutture inserite nel Pnrr, in particolare per la parte affidata alla competenza delle Regioni, e sul rispetto dei cronoprogrammi.

Le preoccupazioni in sede comunitaria sono anche alimentate dal fatto che il nostro è l'unico paese tra i 27 ad aver richiesto l'intero pacchetto di fondi. La nostra posizione è aggravata anche dagli ultimi dati pubblicati da Bruxelles che confermano la sostanziale incapacità del nostro paese di spendere i fondi ordinari messi a disposizione dall'Ue; al 30 ottobre l'utilizzo era fermo al 48,2% contro una media europea del 57,6%.

L'Italia entro il dicembre 2023 deve essere in grado di spendere 1,2 miliardi di euro al mese per utilizzare le risorse messe a disposizione dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), dal Fondo Garanzia Giovani, dal Fondo sociale (Fse) e dal React-Eu. Se l'obbiettivo non sarà centrato i finanziamenti verranno cancellati per disimpegno automatico.

Nella relazione che verrà presentata nei prossimi giorni al Parlamento sull'attuazione del Pnrr l'esecutivo dovrà riferire sullo stato di avanzamento degli investimenti e delle riforme, in totale 51 scadenze, che dovranno essere raggiunti entro la fine del mese di dicembre per poter ottenere l'incasso della prima rata da 24,9 miliardi di euro del Pnrr e la strada si presenta in salita così come appare molto difficile il raggiungimento entro i prossimi 5 anni dei 213 traguardi e 314 obbiettivi tra riforme ed investimenti.

Lo scenario è ora aggravato dalla comparsa della nuova variante Omicron della pandemia da Covid 19 che si sta diffondendo anche in Europa, a cui l'Oms ha assegnato il massimo livello di allerta e di cui non si conosce ancora la capacità del suo contenimento e attenuazione da parte dei vaccini. Il presidente di Confindustria Bonomi ha ribadito l'allarme per i rischi sulla ripresa rappresentati dal virus.

Anche la Banca d'Italia nella sua ultima Relazione annuale evidenzia come con nuove restrizioni si metterebbero in moto i principali canali di trasmissione della pandemia all'economia indicando nello specifico il contesto internazionale, i flussi turistici, le misure di contenimento,l'incertezza e la fiducia di famiglie e imprese e le politiche economiche senza dimenticare le ulteriori problematiche messe in evidenza dagli economisti del Centro studi della Confindustria che hanno rilevato come "Vi è il rischio che alcune commodity finiscano per essere carenti per periodi lunghi nel nostro paese.

I problemi del trasporto internazionale di merci, specie sulle rotte marittime Asia-Europa, potrebbero non risolversi in tempi brevi. In questo scenario, le imprese italiane dovrebbero fare i conti con impossibilità durature ad approvvigionarsi di certi input. In tale scenario, che potrebbe estendersi non solo al 2022 ma anche al 2023, l'ostacolo alla produzione diventerebbe strutturale bloccando uno dei motori principali della ripresa economica. In tale caso inevitabilmente non riusciremo ad arrivare al 10 per cento di crescita del Pil nel biennio 2021-2022.

Il crollo delle borse seguito all'annuncio dell'Oms relativamente alla nuova variante ed alle parole di numerose leader tra cui Ursula Von der Leyen, che ha dichiarato che la nuova variante fa paura, conferma le ulteriori difficoltà che si potrebbe trovare ad affrontare il nostro esecutivo per portare avanti gli impegni assunti con i nostri partners in un contesto che continua ad essere sempre caratterizzato dalle incertezze legate alla pandemia e conseguentemente si rafforza ulteriormente la necessità per il nostro paese di essere unito per sostenere Mario Draghi ed i suoi ministri nel portare avanti un compito così difficile e gravoso ma indispensabile per sostenere la ripresa economica e sociale dell'Italia.

Fonte: Il Cittadino
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