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Da Bruxelles l’invito ad aumentare la crescita

Il Paese è afflitto da disoccupazione, debito pubblico e mancanza di imprese

L'Ocse rivede al rialzo le stime per il 2021 con una previsione di crescita del Pil per l'Italia che passa dal 4,5%, stimato a maggio, al 5,9% e per il 2022 un dato che si dovrebbe attestare intorno al 4,1% con l'economia che dovrebbe essere tornata ai livelli pre pandemia.
Il ministro dell'Economia Daniele Franco, in occasione del discorso di chiusura del 47mo Forum Ambrosetti, parlando ai colleghi ministri ed agli imprenditori ha sottolineato che nel 2021 "il Pil potrebbe crescere più del 5,8 %" ed allo stesso tempo ha però ricordato come per consolidare la crescita sia necessario per il nostro paese "instradare l'economia su un sentiero di crescita strutturalmente più ampio del passato", per rendere inoffensivo "il problema legato al debito pubblico che deve essere sostenibile".

Il ministro Franco nella stessa occasione ha ricordato: "Il Recovery Plan da solo non basta. Serve uno sforzo corale del Paese per la fase successiva" e ha spiegato che la prossima Nota di aggiornamento del Def, che dovrà essere presentata entro il prossimo 20 settembre, e la legge di Bilancio che Bruxelles attende entro il 15 ottobre dovranno riuscire a convincere i paesi più scettici che il nostro debito pubblico, che ha ormai superato la cifra stratosferica di 2.700 miliardi di euro, è sostenibile e gestibile nel tempo.
Franco ha anche affrontato il problema della bassa produttività che affligge il nostro paese da decenni.
Il ministro ha poi sottolineato come nel 2019 il nostro paese aveva una disoccupazione al 58%, 10 punti superiore a quella dei paesi continentali, ed il totale degli investimenti pubblici e privati era fermo al 18% del Pil contro una media dell'Eurozona del 22%.

L'Ocse, pur confermando che "i sostegni economici alle famiglie ed alle imprese sono importanti e vanno mantenuti fino a quando la ripresa non sarà consolidata e più mirata", ricorda che è necessario bloccare ogni forma di pensionamento anticipato e "ristabilire immediatamente la correlazione tra età pensionabile e speranza di vita".

Il segretario generale dell'Ocse Mathias Cormann ha riconfermato che per l'Italia "è necessaria una crescita più forte, più verde, più equa e digitalizzata", ma che la si potrà raggiungere solo "con un settore pubblico più efficace che è fondamentale per garantirne il successo".

Il ministro dell'economia continua a ripetere: "Possiamo realizzare una crescita più veloce solo se saremo capaci di aumentare i tassi di occupazione in particolare di donne, giovani, residenti nel Mezzogiorno e anche di persone più anziane", auspicando "la fine di questa nostra lunga stagnazione della congiuntura economica".
La realtà ci manda segnali opposti come nel caso Alitalia/Ita, dove sembra che tutte le categorie coinvolte non riescano a capire la gravità della situazione, con Bruxelles che ha imposto la restituzione di un miliardo di euro che i governi avevano destinato al vettore aereo, in perenne difficoltà, per permetterne l'attività ordinaria tra il 2017 ed il 2019 e che sono ormai considerati come aiuti di stato e quindi contrari al diritto Ue.
La società il 14 ottobre cesserà ogni attività e la nuova compagnia Ita dovrebbe avviare la sua attività tra scioperi, proteste e liti politiche e sindacali.
Mentre si discute del taglio agli stipendi per i nuovi 2800 addetti che verranno assunti da Ita, che non applicherà il Contratto nazionale del settore, nessuno sembra interessato a capire su quale modello economico e finanziario dovrebbe reggersi questo progetto per evitare che diventi l'ennesimo disastro di stato che invece che creare ricchezza e lavoro finirà per contribuire, ancora una volta, al rallentamento della crescita del paese.

Come era facilmente prevedibile, una volta passata l'emergenza sanitaria, Bruxelles ci chiederà di dimostrare la nostra volontà di rimettere il paese in una condizione di sostenibilità economica e finanziaria e di verificare l'effettiva volontà di cambiamento.
E' necessario che l'esecutivo avvii politiche per premiare chi crea impresa buona, e cioè che possa generare profitti attirando gli investitori e creando posti di lavoro solidi e duraturi nel tempo, e riduca gli interventi a pioggia che sono stati necessari per garantire la sopravvivenza ma non possono diventare un'alternativa ad una corretta gestione dell'economia, prima di tutto nell'interesse dei lavoratori che devono poter avere la tranquillità di un posto di lavoro dignitoso e sicuro e non la sola prospettiva di tirare avanti con i vari sussidi messi a disposizione dallo stato.

Fonte: Il Cittadino
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