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Economia globale: crescono i segnali di allarme

Allarme per la crescita del costo delle materie prime

L'invasione dell'Ucraina da parte di Putin mette fine alla globalizzazione così come era stata immaginata negli ultimi trent'anni, dopo la fine della guerra fredda, con enormi ricadute in campo energetico che ancora una volta imporranno un pesante fardello a quelle persone che meno se lo possono permettere.
I costi attuali delle materie prime rendono estremamente oneroso il processo della transizione energetica e la necessità di sostituire nel breve periodo gas e petrolio per contrastare lo shock causato dalla guerra in Ucraina allungherà nel tempo i progetti messi in campo per arrivare alle "emissioni zero" vanificando in parte anche gli enormi sforzi economici già compiuti.

L'incontro bilaterale che si è tenuto a Tunxi, nella provincia dell'Anhiu, tra il ministro degli esteri cinese Wang Yi e il suo omologo russo Sergej Lavrov ha messo in chiaro come Cina e Russia stiano portando avanti un piano per spostare il baricentro geopolitico mondiale e ha confermato la comunione d'intenti dei due paesi.
Il ministro Wang ha dichiarato che le relazioni cino-russe hanno resistito alla prova della mutevole situazione internazionale, e hanno mantenuto la giusta direzione: “Entrambe le parti hanno una più ferma volontà di sviluppare relazioni bilaterali e una più salda fiducia nel far progredire la cooperazione in vari campi. La Cina è disposta a collaborare con la Russia guidata dall'importante consenso raggiunto dai due capi di stato per spingere le relazioni a un livello più alto nella nuova era".

Il decreto voluto da Vladimir Putin che impone il pagamento delle forniture di gas in rubli, nonostante le tante rassicurazioni fornite a Italia e Germania, è entrato in vigore ed obbliga le imprese importatrici ad aprire un conto corrente in valuta russa per eseguire i pagamenti in rubli con la esplicita minaccia che in caso contrario verranno interrotte le forniture di gas.
Il provvedimento, se i pagamenti si completassero solo con la conversione in rubli operata da Gazprom Bank, porterebbe ad un ulteriore incremento del costo del 10-15 per cento.

La reazione dei massimi leader europei - che respingono questa richiesta ricordando che non è "possibile cambiare i contratti" e minacciano di adottare nuove sanzioni economiche - non indica però alcuna soluzione alternativa alla fornitura del 40% del fabbisogno che il Vecchio Continente importa ogni anno dalla Russia e che se venisse a mancare causerebbe uno shock energetico di enorme portata con conseguenze drammatiche per i cittadini già messi a dura prova dagli effetti della pandemia.
La soluzione tutta italiana trovata dal nostro Parlamento di approvare l'aumento delle spese militari fino al 2% del Pil ma di allungare il termine per il raggiungimento del target al 2028 non è altro che l'ennesimo "panniccello caldo" per non far cadere il governo ma non affronta il tema di fondo: capire come sia possibile decidere di aumentare la spesa militare in modo abnorme in un momento di grave difficoltà economica con l'inflazione che galoppa al 6,7%, come non si vedeva dal 1991, e molti esperti che ipotizzano per quest'anno un Pil negativo con un'occupazione sempre più caratterizzata da contratti di lavoro fragili, precari e discontinui su una forza lavoro già ristretta di quasi mezzo milione di persone in due anni per il declino demografico. Negli Stati Uniti il progetto di bilancio portato avanti dal presidente Joe Biden prevede una spesa di 813 miliardi di dollari per la Difesa nazionale in tempo di pace, con 773 miliardi destinati alle spese militari e il restante per agenzie come l'Fbi ed il dipartimento dell'Energia, e se pensiamo alle dichiarazioni dei ministri degli esteri russo e cinese è evidente che stiamo mettendo le basi per una nuova guerra fredda tra l'Occidente, o almeno quello che ne resta, ed il fronte russo-cino-indiano.

L'Europa dovrebbe dimostrare di essere unita e abbandonare gli interessi di parte, in particolare la lotta tra i paesi del Nord e gli stati che si affacciano sul mare Mediterraneo, ed attivarsi per evitare che prenda forma e si concretizzi questo piano mostruoso basato sulla forza di armi sempre più potenti e distruttive che riporterebbe il mondo indietro di trent'anni vanificando tutti gli sforzi fatti per la pace. Il momento è cruciale ed il mondo sta correndo rischi enormi ed è necessario che i politici di buona volontà si impegnino per non sprecare l'occasione di far sentire la loro voce per bloccare questa follia.

Fonte: Il Cittadino
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